...“e da vicino; voi capite, era più forte di me; il vecchio fiume s'era risvegliato, protetto dall'attenuante che comunque era tutto virtuale. M'avevano riferito che fa la doccia sempre intorno alle due e mezza, dopo gli esercizi in palestra; così ho corrotto un'amica di Sergio che lavora nella redazione e mi sono procurato un pass per l'interno della casa – o meglio, per il corridoio nero che corre tutto intorno alla casa, quello a ferro di cavallo dove stanno i cameraman spostando le telecamere lungo una guida a serpentina.
Cointainer di laminato a Cinecittà, sullo sfondo dell'America costruita per Scorsese; liste dei turni attaccate con lo scotch, un distributore di bibite rotto. Stefania Craxi e Marco Bassetti che arrivano in Mercedes a godersi il loro giocattolo, come se fossero in visita allo zoo. Ma la metafora dello zoo, constaterò quasi subito, è quella che viene spontanea appena si entra: “vietato dare da mangiare agli animali” è la battuta standard con cui ti accolgono gli operatori. Dello zoo o dell'acquario: perché è tutto vetri (che per gli abitanti della casa sono specchi), e se non hai le cuffie non senti da dentro il minimo rumore. Si ha persino l'impressione che si muovano al ralenti, appunto come se fossero sott'acqua, o come bradipi: in effetti, la coscienza mai subliminalmente eliminabile di trovarsi sotto le telecamere, e il tempo desolatamente vuoto, rallentano tutti i movimenti – ci mettono tre minuti per accendersi la sigaretta, e dieci per cambiarsi i calzoni.
Nel corridoio c'è un clima goliardico, i cameraman alleggeriscono col paternalismo un ruolo imbarazzante: “sono i nostri tamagotchi”. La prima volta che Pietro e Cristina hanno scopato, si sono affollate anche le guardie giurate e stavano tutti come a una partita di calcio, a fare commenti tecnici: “appoggia male il gomito, così gli esce perché non può far forza col bacino”. L'unica avvertenza è di non esclamare a voce alta, perché dentro si allarmano. Trattenevo anche il respiro quando finalmente il momento della doccia è arrivato, il mio personalissimo peep-show; m'ero allontanato fagli altri ma è stato deludente, per contrasto troppo veloce; ho notato solo i tatuaggi (al centro dei dorsali, sul tricipite sinistro e sul pettorale destro); con la lucentezza dell'acqua, sembrava meno tarchiato e montuoso di come l'avevo immaginato”.
(W. Siti, Troppi paradisi, Einaudi 2006, pp. 167, 168).
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