Come ha già osservato livefast nei commenti, la tesi di Defarge è molto discutibile. La crisi, almeno per il momento, non basta a dimostrare che i “noglobal” avessero ragione e il sistema finanziario capitalista torto. L’opinione prevalente è che alla fin fine questa sia una crisi “qualitativamente” simile a tante altre, particolarmente a quella del 29, e che dunque sia più significativa solo per meri aspetti “quantitativi”. Tradotto in parole povere: passata la festa gabbato lu santo. Appena la bufera cesserà tutto tornerà come ai tempi belli (o brutti a seconda)
Continua poi Defarge con alcuni passaggi che evidenziano i limiti delle rivendicazioni etiche noglobal:
“(…) è necessario che qualche domanda i movimenti se la pongano. Il difetto principale dell'azione che hanno condotto negli ultimi dieci anni, forse, consiste nel ricorso sistematico alle semplificazioni dell'etica.”
“La contestazione della Banca Mondiale, del WTO, del G8 o del Fondo Monetario Internazionale si sarebbe dovuta esprimere nell'individuazione dei vari livelli decisionali sui quali avrebbero potuto agire le scelte dei singoli con il voto e le campagne di pressione. I noglobal, forse, si sono tenuti alla larga da questo lavoro di precisazione perché li avrebbe obbligati a compromettere le proprie istanze, inducendoli al passaggio dalla reazione etica all'azione politica”
“Ma a questo punto, allora, si tratta di ammettere che la sfera in cui queste cose cambiano è necessariamente la politica e che continuare a dissociarsene invocando più giustizia e moralità, quindi, è un atto di profonda ipocrisia.”
Mi ricorda abbastanza da vicino la tesi di Slavoj Zizek (Il superego di sinistra, Internazionale n.723 del 14/12/2007), che denuncia la politica di resistenza dei vari movimenti noglobal consistente nel bombardare lo stato con rivendicazioni impossibili fondate sulla dimensione etica di una “rivendicazione infinita” di giustizia. Lo stato liberaldemocratico di oggi e il sogno di una politica anarchica (Zizek usa questo termine in senso molto lato) “infinitamente rivendicativa” – sostiene il filosofo sloveno – si trovano in una relazione di reciproco parassitismo: gli anarchici si dedicano al pensiero etico e lo stato fa il lavoro di gestire e regolare la società. Nel criticare le tesi di un altro filosofo, Simon Critchley, secondo il quale la resistenza politica dell’anarchia non dovrebbe cercare di imitare e rispecchiare la violenta sovranità della ‘archia’ a cui si oppone, Zizek ci indica il suo modello: Chavez. Che invece di resistere al potere dello stato se ne è impossessato. E sai che novità (aggiungo io, non Zizek)
Defarge non giunge a conclusioni così chiare e nette ma parla di voto e campagne di pressione. Ora: cosa vuol dire il voto? Se vuol dire creare il partitino noglobal penso che la stessa Defarge possa immaginare gli esisti dell’operazione, che peraltro qualcuno ha tentato di fare. Se significa convincere tutti a votare, anche quelli che non votano, idem come sopra (a parte la difficoltà della cosa non sposterebbe quasi nulla in termini quantitativi). Passando poi alla pressione, qui cara Defarge lei sfonda porte aperte ma il problema è proprio sul come farla questa pressione.
No cari Defarge e Zizek, la lotta fatta con rivendicazioni etiche è proprio la novità principale che i movimenti “noglobal” hanno portato sulla scena. Combattere solo con queste può essere scomodo, lungo e difficile ma le scorciatoie che ci indicate voi ci portano più indietro – e molto - del punto di partenza.
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