The Daily Show With Jon Stewart | M - Th 11p / 10c | |||
We Don't Torture | ||||
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martedì, aprile 21, 2009
We don't torture
(via Paferro)
E a pranzo un bel piatto de sushi da Tachesci er Frocione
Le Gothic Lolite sono tra noi (o perlomeno al Pincio) (e hanno ancora fame) (via Malvestite).
La Costante G
Forse a un certo punto dovremo ribaltare il fastidio che abbiamo per la definizione di “giovani” applicata ai trenta-quarantenni. Perché di fatto, bene o male che sia, i giovani di questo mondo sono loro.
Ok, proviamo. Ribaltiamo il fastidio.
L'avete ribaltato?
Bluarg.
Ehi, è interessante come un fastidio, ribaltato, sia fastidioso uguale. Ci dev'essere un principio di Simmetria del fastidio che ci era sfuggito.
Oppure è il solito principio per cui, essendo la vita una lunga caduta verso il rincoglionimento, a fini consolatori noi fingiamo di essere fermi e che sia il mondo che ci scorre intorno, e che l'intelligenza, l'anticonformismo, la creatività, perfino la giovinezza restino lì ferme dove stiamo noi.
La Costante dei Giovani, che siamo poi noi, che non invecchieremo mai (sono gli altri a essere pigri e conformisti e a non capirci) fintanto che morremo, anzi probabilmente le nostre salme continueranno a essere più anticonformiste intelligenti e creative di tutto quello che c'è intorno, e la gente dovrà venire a innaffiarci i fiori per trovare un po' di creatività anticonformista in tutto quel diluvio grigio che seguì.
Verranno a farci l'aperitivo, nei nostri cimiteri. Che culo essere noi, certe volte ci penso.
Ok, proviamo. Ribaltiamo il fastidio.
L'avete ribaltato?
Bluarg.
Ehi, è interessante come un fastidio, ribaltato, sia fastidioso uguale. Ci dev'essere un principio di Simmetria del fastidio che ci era sfuggito.
Oppure è il solito principio per cui, essendo la vita una lunga caduta verso il rincoglionimento, a fini consolatori noi fingiamo di essere fermi e che sia il mondo che ci scorre intorno, e che l'intelligenza, l'anticonformismo, la creatività, perfino la giovinezza restino lì ferme dove stiamo noi.
La Costante dei Giovani, che siamo poi noi, che non invecchieremo mai (sono gli altri a essere pigri e conformisti e a non capirci) fintanto che morremo, anzi probabilmente le nostre salme continueranno a essere più anticonformiste intelligenti e creative di tutto quello che c'è intorno, e la gente dovrà venire a innaffiarci i fiori per trovare un po' di creatività anticonformista in tutto quel diluvio grigio che seguì.
Verranno a farci l'aperitivo, nei nostri cimiteri. Che culo essere noi, certe volte ci penso.
lunedì, aprile 20, 2009
Rectoverso, per chi i problemi un po' ce li ha
Ora che finalmente so che c'è una persona che ha retto fino al minuto 6:30 di questo podcast, non solo, ma se ne ricorda a sei mesi di distanza, mi assale il dubbio che Rectoverso sia appena un po' più maniaco della gente che mette alla berlina (me compreso).
giovedì, aprile 16, 2009
Abel Paz
Guarda, compagna, io credo che della rivoluzione in generale ci sia un’idea molto falsa e allo stesso tempo molto idilliaca. La gente crede che la rivoluzione bisogna farla per vincerla.
Abel Paz è stato il maggior biografo di Buenaventura Durruti (700 pagine e oltre che nel 1972 seppellirono il povero Hans Magnus Enzensberger) e militante anarchico in un tempo e in un luogo in cui l'anarchia era organizzazione.
Quasi tutti gli storici stanno cercando di ingannarci con quello che scrivono, perché di tutto quello che sto raccontando non ne parlano, non parlano di quello che successe durante i primi sei mesi della nostra guerra. Parlano del dopo, per questo i professori universitari sono contenti che gente come me, con la lucidità per difendere la nostra causa ancora sessant’anni dopo, ne rimanga poca.
Era lui che diceva che la rivoluzione, cioè la festa, a Barcellona durò dal 19 luglio al 26 settembre del 1936. Quello che seguì, ben prima di Franco, fu la normalizzazione.
Ieri i funerali
mercoledì, aprile 15, 2009
Stremato fra le donne
(Tre anni dopo)
Anche se risolvessimo la piaga del bullismo e ricevessimo i fondi necessari a buttar giù tutte le scuole della Repubblica e rifarle agibili e antisismiche, con 10 ore di più la settimana da passare in superaccessoriati laboratori d'informatica o in aule da 15 studenti massimo, con un raddoppio immediato di stipendio, ci sarebbe pur sempre un problema a monte per noi insegnanti, ovvero le colleghe.
Che non s'affrontano, mi spiace. No, non sto dicendo a te che sei brava sensibile e carina. Sto dicendo a 40 colleghe nella cattività di un collegio docenti. Ne ho provati tanti, sapete, e ve lo devo dire: non vi s'affronta. Il vostro modo uterino di gestire le problematiche trascende ogni maschile sopportabilità. Non è un problema di latitudine o estrazione sociale. Forse è un problema di età, nel senso che un certo tipo di strazio che proponete al prossimo aumenta nei soggetti in menopausa. Ma insomma, ci sono pomeriggi in cui parlare con voi equivale a tirare una bomba a mano in un pollaio: ognuna ansiosa di proporre il suo coccodè risolutivo, polvere e piume dappertutto.
Io mi rendo conto che il nostro-vostro mestiere ci ripropone situazioni kafkiane, aggravate dal fatto che siamo servitori dello Stato e ci restiamo male quando scopriamo che siffatto Stato è un imbecille. Però non è che lo guarisci a coccodè. E' inutile che fai l'offesa se ti dicono che devi trasformare i 5 in 6: dovevi capirlo a settembre, quando ti dissero che si bocciava col 5. O davvero pensavi che avremmo bocciato un centinaio di persone? Eddai, sì, capisco, la scuola così non aiuta lo studente a formarsi una coscienza critica e blàblàblà, ma è primavera porcocane, davvero dobbiamo passare due ore a coccodare sul tema?
Hai votato Berlusconi? Pentiti, non farlo più. Non l'hai votato? Hai perso la guerra; lascia il Paese o accetta la semplice evidenza che stai lavorando per il nemico, e ripassa la parte che dovrai recitare all'eventuale norimberga finale: ero un funzionario dello Stato e ho eseguito gli ordini. Se invece vuoi cospirare nell'ombra, guarda, io sono con te al 100%, lasciamoci gli indirizzi, ma per favore, non urlare, non urlare porcocane. I cospiratori bisbigliano.
Passare la primavera sotto una cappa di antistaminici sarebbe già abbastanza duro, senza te che coccodè tutto il tempo.
Anche se risolvessimo la piaga del bullismo e ricevessimo i fondi necessari a buttar giù tutte le scuole della Repubblica e rifarle agibili e antisismiche, con 10 ore di più la settimana da passare in superaccessoriati laboratori d'informatica o in aule da 15 studenti massimo, con un raddoppio immediato di stipendio, ci sarebbe pur sempre un problema a monte per noi insegnanti, ovvero le colleghe.
Che non s'affrontano, mi spiace. No, non sto dicendo a te che sei brava sensibile e carina. Sto dicendo a 40 colleghe nella cattività di un collegio docenti. Ne ho provati tanti, sapete, e ve lo devo dire: non vi s'affronta. Il vostro modo uterino di gestire le problematiche trascende ogni maschile sopportabilità. Non è un problema di latitudine o estrazione sociale. Forse è un problema di età, nel senso che un certo tipo di strazio che proponete al prossimo aumenta nei soggetti in menopausa. Ma insomma, ci sono pomeriggi in cui parlare con voi equivale a tirare una bomba a mano in un pollaio: ognuna ansiosa di proporre il suo coccodè risolutivo, polvere e piume dappertutto.
Io mi rendo conto che il nostro-vostro mestiere ci ripropone situazioni kafkiane, aggravate dal fatto che siamo servitori dello Stato e ci restiamo male quando scopriamo che siffatto Stato è un imbecille. Però non è che lo guarisci a coccodè. E' inutile che fai l'offesa se ti dicono che devi trasformare i 5 in 6: dovevi capirlo a settembre, quando ti dissero che si bocciava col 5. O davvero pensavi che avremmo bocciato un centinaio di persone? Eddai, sì, capisco, la scuola così non aiuta lo studente a formarsi una coscienza critica e blàblàblà, ma è primavera porcocane, davvero dobbiamo passare due ore a coccodare sul tema?
Hai votato Berlusconi? Pentiti, non farlo più. Non l'hai votato? Hai perso la guerra; lascia il Paese o accetta la semplice evidenza che stai lavorando per il nemico, e ripassa la parte che dovrai recitare all'eventuale norimberga finale: ero un funzionario dello Stato e ho eseguito gli ordini. Se invece vuoi cospirare nell'ombra, guarda, io sono con te al 100%, lasciamoci gli indirizzi, ma per favore, non urlare, non urlare porcocane. I cospiratori bisbigliano.
Passare la primavera sotto una cappa di antistaminici sarebbe già abbastanza duro, senza te che coccodè tutto il tempo.
venerdì, aprile 10, 2009
Ratzinger mon amour
Ricevo da Defarge e volentieri pubblico (io però, tra Nietzsche e il senso di colpa, il senso di colpa tutta vita).
La storia di Ratzinger è abbastanza nota: prima di diventare papa faceva il prefetto della fede, che è un po' come dire lo sbirro della dottrina.
A quei tempi metteva all'indice un po' tutto e una veloce ricerca su Google lo restituirà di volta in volta alle prese con la condanna della ricerca scientifica, dell'uso della ragione o dell'abuso del pistolino.
Se non fosse diventato cardinale e poi papa, Ratzinger sarebbe finito male, come tutti quelli che si presumono accerchiati, puri e minacciati come lui. Una volta se la prese addirittura con Harry Potter, in una rivisitazione abbastanza deludente della caccia alle streghe. Disse così che quel bimbetto con gli occhiali spessi corrompeva i bambini e li esponeva alle più "sottili seduzioni dello spirito". Adesso le sue vittime preferite sono i profilattici e il Concilio Vaticano II, cioè il momento in cui la chiesa ha ammesso che per molta gente la modernità è più vivibile del medioevo. Un'altra cosa che gli piace fare, adesso, da papa, è predicare la conversione degli ebrei, gli stessi ai quali il suo predecessore aveva chiesto scusa, perché non era stato garbato invocarne per tanti secoli la conversione. E infine oggi se l'è presa con Friedrich Nietzsche, che simpatico del tutto non stava nemmeno a Wojtyla, il quale lo trovava un "maestro del sospetto".
Perché ai papi il sospetto degli altri non piace, perché gli unici a scovare"sottili seduzioni dello spirito" in giro per il mondo vogliono essere loro. Ora, Wojtyla era un polacco perseguitato dal nazismo e il nazismo si è sempre ispirato a una contraffazione di Nietzsche, che pur essendo morto nel 1900 è stato per molto tempo associato a quella brutta storia. Poi si è coperto che lui non c'entrava niente, che a falsificarlo e a metterlo a disposizione del male assoluto era stata la sorella Elisabeth, ma mentre i ricercatori scoprivano queste robe Wojtyla faceva il deportato, l'attore e il prete in carriera. Per cui passi, che a lui Nietzsche non piacesse è un peccato di ignoranza, o di povertà di spirito e quindi di beatitudine. Ratzinger, invece, che da giovane ha avuto a che fare con la gente che Nietzsche lo stava usando e falsificando per marciare al passo dell'oca, è meno giustificabile. In realtà si tratta di un problema marginale, perché scomunicare i profilattici e gli omosessuali comporta una produzione di sofferenza sensibilmente maggiore di quella causata dalla scomunica di un filosofo. Se non fosse chel'antipatia di Ratzinger per Nietzsche spiega molte cose. Nietzsche, infatti, è stato il più lucido dissacratore del senso di colpa, ne ha illustrato gli usi e i costumi, ha scoperto, come si scoprono la pennicillina o gli anelli di Saturno, che il senso di colpa serve a lasciare tutto com'e' e a costruire legami malati, parassitari, disumani e ricattatori. La colpa serve a chi se la fa, dice Nietzsche, sia perché trasferisce sulla falsa coscienza delle cose il pareggio di bilancio delle azioni che non vorremmo commettere (ma che ci piacciono da matti e che quindi commettiamo, sentendoci strumentalmente in colpa), sia perché permette a chi ne conosce il funzionamento di assoggettare gli altri, di piegarli ai cazzi propri e di adoperarli per scaricare un po' del veleno che, con il registro della colpa, abbiamo messo in circolazione e succhiamo beati. In pratica, si potrebbe esasperare il discorso di Nietzsche fino a concludere che la colpa serve alle persone schifose per continuare a fare gradevolmente schifo. Che al papa questo discorso non piaccia, allora, diventa molto interessante. Perché è rimuovendo questo schema che la chiesa ha sempre potuto usare la tecnologia della colpa come strumento di dominio, ma anche perché se non scomunicasse Nietzsche, a Ratzinger, gli rimarrebbero da fare i conti con i pomeriggi in cui si alza dal letto puzzolente di sudore e di piscio e tramuta in senso di colpa il gran piacere che ha trovato nelle mutande di qualche ragazzone.
La storia di Ratzinger è abbastanza nota: prima di diventare papa faceva il prefetto della fede, che è un po' come dire lo sbirro della dottrina.
A quei tempi metteva all'indice un po' tutto e una veloce ricerca su Google lo restituirà di volta in volta alle prese con la condanna della ricerca scientifica, dell'uso della ragione o dell'abuso del pistolino.
Se non fosse diventato cardinale e poi papa, Ratzinger sarebbe finito male, come tutti quelli che si presumono accerchiati, puri e minacciati come lui. Una volta se la prese addirittura con Harry Potter, in una rivisitazione abbastanza deludente della caccia alle streghe. Disse così che quel bimbetto con gli occhiali spessi corrompeva i bambini e li esponeva alle più "sottili seduzioni dello spirito". Adesso le sue vittime preferite sono i profilattici e il Concilio Vaticano II, cioè il momento in cui la chiesa ha ammesso che per molta gente la modernità è più vivibile del medioevo. Un'altra cosa che gli piace fare, adesso, da papa, è predicare la conversione degli ebrei, gli stessi ai quali il suo predecessore aveva chiesto scusa, perché non era stato garbato invocarne per tanti secoli la conversione. E infine oggi se l'è presa con Friedrich Nietzsche, che simpatico del tutto non stava nemmeno a Wojtyla, il quale lo trovava un "maestro del sospetto".
Perché ai papi il sospetto degli altri non piace, perché gli unici a scovare"sottili seduzioni dello spirito" in giro per il mondo vogliono essere loro. Ora, Wojtyla era un polacco perseguitato dal nazismo e il nazismo si è sempre ispirato a una contraffazione di Nietzsche, che pur essendo morto nel 1900 è stato per molto tempo associato a quella brutta storia. Poi si è coperto che lui non c'entrava niente, che a falsificarlo e a metterlo a disposizione del male assoluto era stata la sorella Elisabeth, ma mentre i ricercatori scoprivano queste robe Wojtyla faceva il deportato, l'attore e il prete in carriera. Per cui passi, che a lui Nietzsche non piacesse è un peccato di ignoranza, o di povertà di spirito e quindi di beatitudine. Ratzinger, invece, che da giovane ha avuto a che fare con la gente che Nietzsche lo stava usando e falsificando per marciare al passo dell'oca, è meno giustificabile. In realtà si tratta di un problema marginale, perché scomunicare i profilattici e gli omosessuali comporta una produzione di sofferenza sensibilmente maggiore di quella causata dalla scomunica di un filosofo. Se non fosse chel'antipatia di Ratzinger per Nietzsche spiega molte cose. Nietzsche, infatti, è stato il più lucido dissacratore del senso di colpa, ne ha illustrato gli usi e i costumi, ha scoperto, come si scoprono la pennicillina o gli anelli di Saturno, che il senso di colpa serve a lasciare tutto com'e' e a costruire legami malati, parassitari, disumani e ricattatori. La colpa serve a chi se la fa, dice Nietzsche, sia perché trasferisce sulla falsa coscienza delle cose il pareggio di bilancio delle azioni che non vorremmo commettere (ma che ci piacciono da matti e che quindi commettiamo, sentendoci strumentalmente in colpa), sia perché permette a chi ne conosce il funzionamento di assoggettare gli altri, di piegarli ai cazzi propri e di adoperarli per scaricare un po' del veleno che, con il registro della colpa, abbiamo messo in circolazione e succhiamo beati. In pratica, si potrebbe esasperare il discorso di Nietzsche fino a concludere che la colpa serve alle persone schifose per continuare a fare gradevolmente schifo. Che al papa questo discorso non piaccia, allora, diventa molto interessante. Perché è rimuovendo questo schema che la chiesa ha sempre potuto usare la tecnologia della colpa come strumento di dominio, ma anche perché se non scomunicasse Nietzsche, a Ratzinger, gli rimarrebbero da fare i conti con i pomeriggi in cui si alza dal letto puzzolente di sudore e di piscio e tramuta in senso di colpa il gran piacere che ha trovato nelle mutande di qualche ragazzone.
giovedì, aprile 09, 2009
Indovinello
Comincia con l'Esorcista, finisce con Braccio di Ferro, dieci anni fa mi sembrava bellissimo e adesso non lo reggo quasi, cos'è?
Più stretto quel cilicio, onorevole
Una delle cose che presto o tardi ti allontana da una parrocchia, è che a un certo punto non puoi più ascoltare lezioni sulla sessualità e l'affettività da gente che non ha mai nemmeno abbracciato un fidanzatino/a.
E il risultato di questa mancata educazione affettiva si sente tutto, nelle cose troiesche che scrive:
Le trans sulla Salaria almeno sanno il mestiere che fanno: tu no.
Ti viene proprio da salire sulla loro cattedra e dirgli: ehi, non è così che funziona, non pretendo che tu abbia pratica se la cosa non ti piace, però è un fatto che tu queste cose non le hai vissute. Non so se sia per un'eroica rinuncia o perché veramente non ti piacciono, ma è un fatto che non ne sai niente. Dovresti ascoltare, non spiegare.
E soprattutto non dovresti contrabbandare la tua non-competenza per saggezza. La saggezza è fondata sull'esperienza, e tu all'esperienza hai detto no. Io non credo che l'uomo o la donna debbano provare tutto nella vita, ma un minimo di esperienza può essere utile a tutti. Quando meno te lo aspetti.
Per esempio, onorevole Binetti, lei è una delle tante nubili cristiane che dall'alto della loro non-esperienza predicano l'indissolubilità del matrimonio; ma non ha la minima esperienza di cosa voglia dire vivere insieme con una persona per due, dieci, cinquant'anni. A conti fatti è meglio dormire col cilicio, vero?
Anche un partito è qualcosa di simile a un matrimonio: prima ci si chiarisce su valori e obiettivi, e poi ci si promette di restare insieme nella buona e nella cattiva sorte. Penso che lei sarebbe d'accordo.
Salvo che lei, Binetti, non è mai stata abituata ad andare d'accordo a una persona nella buona e nella cattiva sorte. E' qualcosa che doveva imparare da ragazzina, patteggiando con i fidanzatini che non ha mai avuto, perché col cilicio si faceva prima.
E il risultato di questa mancata educazione affettiva si sente tutto, nelle cose troiesche che scrive:
"Il Pd è come un'amicizia: all'inizio si va d'accordo, poi magari il rapporto cambia..."Un'amicizia? Il rapporto cambia? Ma come ti permetti? E la gente che ti ha eletto sulla base di quel rapporto? E guarda con che aria da lupa va ad annusare il didietro del primo centrista con la lingua in fuori. La fedeltà non è mai stato un valore per quelli come te, perché non l'avete mai misurata su nessuna persona in carne e ossa. Bastava ossequiare un Dio che guarda caso era sempre d'accordo con te.
Le trans sulla Salaria almeno sanno il mestiere che fanno: tu no.
martedì, aprile 07, 2009
Io sono un noglobal
Ricevo e pubblico (da MMe Defarge):
I funzionari della City, ieri pomeriggio, hanno cercato di placare i furori dei manifestanti lanciando soldi dalle finestre. Indossavano scarpe da ginnastica e felpe col cappuccio, qualcuno li aveva consigliati di tenere il cappuccio sulla testa. E' improbabile che a causare il disastro finanziario che ha indotto i manifestanti a sfondare le vetrine delle banche, alla fine, siano stati direttamente i ragionieri travestiti da skaters, ma a travestirsi e a lanciare soldi dalle finestre sono stati proprio loro. Di solito, in queste occasioni, si diffonde un punto di vista abbastanza superficiale che consiste nel domandarsi a cosa serve distruggere una banca o assediare un ufficio di poveri diavoli. Esiste poi una versione ancora più indecente dello stesso punto di vista che tracima nella partecipazione alle ragioni dei manifestanti, che sono anche le nostre, ma nella contemporanea impressione di quanto le buone ragioni siano drammaticamente danneggiate dai comportamenti di chi le sostiene. Facendo così, si dice all'incirca, passano dalla parte del torto e fanno male alla propria causa. Per sostenere un punto di vista di questo tipo, però, bisogna operare una serie di semplificazioni che cedono al luogo comune ciò che fottono all'uso del cervello. Queste forme di presunta sensibilità e sostanziale cinismo, tutte le volte, mi fanno pensare a qualcuno che la fa lunga a riflettere su come mettere in salvo la cristalleria sotto i bombardamenti aerei. No - mi sembra che dicano questi signori - se evacuiamo così rompiamo i bicchieri del servizio buono. No - commentano - non si scappa così, così rischiamo di urtare la vetrinetta della zia. E intanto fuori strillano le sirene, rombano gli aviogetti, tuonano gli esplosivi e crollano i quartieri. .
Ma la cosa davvero interessante è che questa gente non si limita a preoccuparsi della propria evacuazione (perché nel momento stesso in cui l'inferno dovesse avvicinarsi a casa loro se ne infischierebbero dei calici di cristallo), ma ha l'arroganza di stabilire come dovrebbero salvarsi gli altri. Comprendono, partecipano pensosamente alla causa, la difendono da chi la sostiene male e perdonano chi non può sostenerla bene perché ha fame. Il tutto sotto le bombe dei licenziamenti, della disoccupazione e della distruzione sociale, una distruzione che lo sfondamento di una vetrina non fa altro che rendere visibile. Sfondare una vetrina, in questi casi, serve infatti a dare una forma simbolica al male, un male che l'ossessione per la salvezza della cristalleria e le buone maniere lascerebbe agire indisturbato. Ma il pensiero unico, quello del "tutto mercato e libertà individuali" che ha realmente prodotto la marea di merda che è scesa a valle, cerca di trasferire i problemi sul piano della psicologia e dei comportamenti isolati, dove non è urbano sfondare le vetrine o dove qualche ignorante pensa di cavarsela lanciando l'elemosina da una finestra. Dall'altra parte c'è qualcuno che ha cominciato a dire che questo modello di sviluppo e la crisi sono una cosa sola e che il volume di sofferenza prodotto dall'economia liberista non ha confini. La chiamano globalizzazione, appunto, lo dicono sfondando vetrine dal 1998, ma l'inciviltà sta tutta dalla parte di chi anche oggi le farà riparare, al G 20 di Londra, come se niente fosse.
I funzionari della City, ieri pomeriggio, hanno cercato di placare i furori dei manifestanti lanciando soldi dalle finestre. Indossavano scarpe da ginnastica e felpe col cappuccio, qualcuno li aveva consigliati di tenere il cappuccio sulla testa. E' improbabile che a causare il disastro finanziario che ha indotto i manifestanti a sfondare le vetrine delle banche, alla fine, siano stati direttamente i ragionieri travestiti da skaters, ma a travestirsi e a lanciare soldi dalle finestre sono stati proprio loro. Di solito, in queste occasioni, si diffonde un punto di vista abbastanza superficiale che consiste nel domandarsi a cosa serve distruggere una banca o assediare un ufficio di poveri diavoli. Esiste poi una versione ancora più indecente dello stesso punto di vista che tracima nella partecipazione alle ragioni dei manifestanti, che sono anche le nostre, ma nella contemporanea impressione di quanto le buone ragioni siano drammaticamente danneggiate dai comportamenti di chi le sostiene. Facendo così, si dice all'incirca, passano dalla parte del torto e fanno male alla propria causa. Per sostenere un punto di vista di questo tipo, però, bisogna operare una serie di semplificazioni che cedono al luogo comune ciò che fottono all'uso del cervello. Queste forme di presunta sensibilità e sostanziale cinismo, tutte le volte, mi fanno pensare a qualcuno che la fa lunga a riflettere su come mettere in salvo la cristalleria sotto i bombardamenti aerei. No - mi sembra che dicano questi signori - se evacuiamo così rompiamo i bicchieri del servizio buono. No - commentano - non si scappa così, così rischiamo di urtare la vetrinetta della zia. E intanto fuori strillano le sirene, rombano gli aviogetti, tuonano gli esplosivi e crollano i quartieri. .
Ma la cosa davvero interessante è che questa gente non si limita a preoccuparsi della propria evacuazione (perché nel momento stesso in cui l'inferno dovesse avvicinarsi a casa loro se ne infischierebbero dei calici di cristallo), ma ha l'arroganza di stabilire come dovrebbero salvarsi gli altri. Comprendono, partecipano pensosamente alla causa, la difendono da chi la sostiene male e perdonano chi non può sostenerla bene perché ha fame. Il tutto sotto le bombe dei licenziamenti, della disoccupazione e della distruzione sociale, una distruzione che lo sfondamento di una vetrina non fa altro che rendere visibile. Sfondare una vetrina, in questi casi, serve infatti a dare una forma simbolica al male, un male che l'ossessione per la salvezza della cristalleria e le buone maniere lascerebbe agire indisturbato. Ma il pensiero unico, quello del "tutto mercato e libertà individuali" che ha realmente prodotto la marea di merda che è scesa a valle, cerca di trasferire i problemi sul piano della psicologia e dei comportamenti isolati, dove non è urbano sfondare le vetrine o dove qualche ignorante pensa di cavarsela lanciando l'elemosina da una finestra. Dall'altra parte c'è qualcuno che ha cominciato a dire che questo modello di sviluppo e la crisi sono una cosa sola e che il volume di sofferenza prodotto dall'economia liberista non ha confini. La chiamano globalizzazione, appunto, lo dicono sfondando vetrine dal 1998, ma l'inciviltà sta tutta dalla parte di chi anche oggi le farà riparare, al G 20 di Londra, come se niente fosse.
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