lunedì, dicembre 28, 2009

Accetta il mistero

Opera stratificata, dicono. Sarà.
Dunque, nel primo stato direi che i fratelli Coen ci vogliono dire che loro l'ebraismo non sono sicuri di averlo capito bene, perché alla loro Bar Mitzvah erano fumati di brutto. E sono esperienze che ti segnano. Visto che si parla sempre di tradizioni, di radici e quant'altro, bisogna rendere onore a chi ammette che a queste radici si è sempre appoggiato un po' malamente, e citando la Torah non è mai sicuro di non tirare fuori per sbaglio i Jefferson Airplane. Oppure, più sottilmente, finiremo per applicare ai testi degli Airplane le stesse derive ermeneutiche in cui ci ha trascinato lo studio della Torah. Succede a molti. Anche da noi.
(E ne approfitto per esprimere un rimpianto: perché non c'è in Italia un artista, un cineasta o uno scrittore in grado di raccontare cosa ha voluto dire per la nostra generazione crescere in parrocchia, con le cerimonie e le canzoni; passare di prete in prete affrontando discorsi strampalati, non troppo diversamente dal modo in cui il protagonista dei Coen passa di rabbino in rabbino. Sono esperienze che hanno segnato l'adolescenza e la giovinezza di milioni di italiani, ma al cinema non se ne parla mai: sempre solo di sezioni del PCI e di lotta armata, ma non siamo mica cresciuti tutti così, anzi. Paradossalmente gli unici ad aver capito un po' che favolose creature surreali siano i preti sono Moretti e Corrado Guzzanti. Fine dell'inciso).
In un secondo strato ci sono comunque riferimenti alla Torah, alla Kabbala, al Talmud e alle storielle Yiddish che senz'altro mi sfuggono; l'unico che ho ben chiaro è il libro di Giobbe. Il libro di Giobbe è una cosa strana anche per l'Antico Testamento. E' l'unico libro in cui Satana compare come personaggio: e fa una scommessa con Dio. Scommette che il migliore degli uomini, Giobbe, maledirà il Signore: a tale scopo il Signore lascia a Satana la facoltà di coprire Giobbe di ogni possibile disgrazia sulla terra. Dopo un certo quantitativo di disgrazie, effettivamente Giobbe comincia a porsi dei problemi, e riceve la visita di tre saggi che con lunghi discorsi non fanno che ribadire il concetto: quel che vuole Dio è ok, accettalo, accetta il mistero. Giobbe non si dà per vinto e alla fine anche Dio viene a parlargli. E viene "nel turbine", il che secondo me fornisce una chiave suggestiva anche al finale del film: quello che sta arrivando (spoiler) è Dio. Naturalmente Dio non ha nulla da spiegare, anzi: Dio viene proprio a ribadire le parole del secondo rabbino: Non Ti Devo Spiegazioni.

In un ulteriore strato occorre forse accettare un dettaglio che a molti di educazione cristiana può sfuggire, ovvero: noi abbiamo questa idea che la giustizia non sia di questo mondo, il che ci riconcilia in un qualche modo con questo mondo ingiusto. Ci capita di vedere l'Empio che prospera e il Giusto che soffre: è routine, ma più di tanto non ci pesa, perché abbiamo introiettato questa idea del giudizio finale, della ricompensa nei cieli eccetera. Ecco, questa idea gli ebrei non ce l'hanno, oppure ce l'hanno, ma non così chiara. Perlomeno, nella Torah la cosa è molto più sfumata. Questo fa sì che altri libri dell'Antico Testamento, come il summenzionato Giobbe, non siano che lunghe variazioni sul problema: perché l'Empio prospera e il Giusto soffre? Che senso ha? E' un'interrogazione molto più morale che metafisica, che secondo me può toccare le corde dei laici molto più di altra letteratura anche pregevole, ma di derivazione cristiana. E questo forse spiega il successo sempreverde dei personaggi sfigati di Allen, e più recentemente di Todd Solondz.

In un altro strato c'è una ridicola contesa su una striscia di territorio, e quando sembra che un vecchio saggio abbia trovato la soluzione, cade stecchito. Ok, è una metafora. Ma perché. Il punto è che queste e altre metafore non spiegano niente, eppure ti spingono a chiederti il perché, proprio come il Dio del film. I Coen sono il Dio del film, ti intrappolano in un'ermeneutica che non ti porta a niente.

In un altro strato c'è il gatto di Schroedinger, quella classica cosa che uno fa sì sì con la testa, come no, il gatto di Schroedinger, certo... ma in realtà ne sappiamo meno della Kabbala.

In un altro strato c'è Kafka, qualcos'altro da aggiungere? Non mi ricordo chi, forse Polanski, spiegava che in realtà Kafka fa ridere. Che lo stesso Kafka, quando si rileggeva agli amici, rideva parecchio.

In un sesto strato c'è l'arte dei fratelli Coen. Che mi lasciano sempre insoddisfatti, però... dunque, quest'anno è apparso questo film, vi ricorderete, L'uomo che fissa le capre, con il tipico cast dei Coen, che almeno sul manifesto italiano cercavano di venderti come film dei Coen (il lettering del titolo simile a quello di Burnt After Reading, mezzucci così, che in fondo sono un buon segno: usare i Coen per venderti un film). Vedere questo film è stato illuminante, come quando ti fermi a guardare una ragazza di Amici di Maria che prova un numero di danza, e si vede che s'impegna ma si vede anche che non è una professionista, col collo del piede inadeguato eccetera. Ecco, a me sembra di capire la danza classica solo in quei momenti, perché finché vedo gente perfetta fare cose perfette, non riesco assolutamente a rendermi conto della fatica che c'è dietro (e m'annoio). Allo stesso modo io ho dovuto vedere L'uomo che fissa le capre per rendermi conto di quanto siano bravi i Coen. La differenza tra un movimento di macchina dei Coen e un movimento che s'impegna, ci prova, ma non è dei Coen. Quel film mi ha lasciato una voglia tremenda di vederne uno dei Coen. Peccato che invece i film dei Coen continuino a lasciarmi insoddisfatto. E dire che sapevo Giobbe, sapevo il testo di Somebody to Love, ne sapevo probabilmente più di chiunque al Cinema Michelangelo, però saperla lunga non mi provoca più nessun piacere. Sto invecchiando e ho paura di arrivare alle stesse conclusioni dell'unico rabbino che mi viene sempre in mente quando si parla di rabbini, che ovviamente è questo.

Un'ipotesi che ha stancato

In effetti l'evoluzionismo è un po' al tramonto, dai.

Cioè, perché io dovrei pensare che Roberto De Mattei, che si fa dare 9000 euro dal CNR per pubblicare 'sta roba, sia in qualche modo un organismo 'evoluto'? Evoluto rispetto a cosa? Ai primati che stavano sugli alberi? Loro mica si facevano finanziare per pubblicare gli atti di un convegno sulla raccolta di noccioline.



Guarda gli pterodattili in cielo. Osserva i trilobiti nel mare. In che modo Roberto De Mattei sarebbe, di grazia, più 'evoluto'.
(L'immagine via Catastrofe).

venerdì, dicembre 25, 2009

Più nero del carbone caduto nel catrame, una notte senza stelle

Comunque oggi il Presidente del Senato Schifani è stato in visita presso l'ospedale del Bambin Gesù. Durante questa visita è passato dal reparto di oncologia infantile, e alcuni bambini lo hanno abbracciato. Vi chiederete dove sto andando a parare.
Niente. Volevo soltanto avvertire che d'ora in poi, se mi capiterà di dover pensare intensamente a qualcosa di molto triste, io non avrò esitazioni, e richiamerò alla memoria la scena dei bambini malati di cancro che abbracciano Marcello Renato Schifani, perché davvero, una cosa più triste nemmeno in cento anni di solitudine.

giovedì, dicembre 24, 2009

La canzone di Natale



Io non sono mica razzista, però
(ma quanti lo dicono)
io non sono mica razzista, però
basta che tornino tutti a casa loro
e non mi fottano il lavoro
(Bravo!)
io non ce l'ho con nessuno,
ma se non sanno nemmeno parlare l'italiano
che colpa ce ne ho io?
(Bravo... hai capito tutto!)

Io non sono mica razzista però,
tu dimmi quante volte io
sono andato a rompere il cazzo a casa loro
noi è fin dal dopoguerra, che coltiviam la terra
perchè non hanno fatto anche loro come noi?
(Bravo... peccato che c'è il deserto!)

Sei un sempliciotto, tu non sei cattivo: hai paura.
Non sei informato al di fuori della tua cultura.
Ma ti voglio augurare di non emigrare
perchè fuori dall'Italia, amico,
l'extracomunitario
sei tu!

Io.. non sono mica razzista però,
(ma quanti lo dicono).
Io non sono mica razzista però,
qui gli stranieri sono tutti spacciatori
drogati e stupratori,
ma la gente poi se ne frega e allora io voto Lega
qui ci vorrebbe il Duce, ma adesso non c'è più
Bravo...adesso ci sei tu!

Io non sono mica razzista però,
se sono neri ci deve essere un motivo,
e io non me lo spiego.
Credo nelle cose più chiare,
il mio modello d'uomo è alto bello e biondo
proprio come Gesù.
O... ma che cazzo dici!

Sei un sempliciotto. Tu non sei cattivo... hai paura,
non sei informato al di fuori della tua cultura.
Preghi Gesù Cristo e pensi sia un modello d'esistenza,
pensi di esser giusto e sempre a posto con la tua coscienza
Ma ti voglio ricordare, quando sei a Natale,
che tu festeggi la nascita di un...
extracomunitario, Gesù
Extracomunitario, Gesù!!!

E insomma, questo pezzo ha più di quindici anni, quindici anni, inserire imprecazione a scelta.
Ma sembra parli esattamente del 2009. Due ipotesi: (1) I Paolino erano profeti, vedevano già quanto saremmo diventati stronzi; (2) Siamo sempre stati stronzi così, procediamo nella stronzaggine in moto rettilineo uniforme, la sensazione di peggiorare è un'illusione prospettica.

Sia come sia, correggerei soltanto due osservazioni. "Non sei informato al di fuori della tua cultura": si è poi capito che ne sappiamo poco anche di quest'ultima. "Non sei cattivo". Ecco, secondo me dobbiamo cominciare a dircelo: siamo cattivi. Siamo gente cattiva, ossessionati dai nostri difetti e prontissimi a rifarci su chi è più sfigato di noi.

Di buono c'è che a Natale continuiamo a festeggiare un extracomunitario. Questo non ce lo può togliere nessun leghista.

mercoledì, dicembre 23, 2009

Il glu glu degli eco-scettici


Banksy, Londra, 20/12/2009

(via ecoblog)

Nessun bue o asinello ti scalderà mai abbastanza

Le persone che vanno in depressione a Natale esistono veramente.
E la depressione natalizia esiste realmente. Voglio dire che non è una posa, un mi si nota di più se batto la testa contro il muro. Ci sono persone che a Natale davvero soffrono, e a trattarli da snob non li aiutate. Abbiate un po' di pazienza perché magari il resto dell'anno sono persone dolcissime, ma il solstizio d'inverno è un momento difficile.

Aggiungo che secondo me la depressione natalizia non è causata dal Natale, ma viceversa è il Natale a essere stato inventato, in tempi antichissimi, per esorcizzare questo problema che era sentito da molti: le giornate sono molto corte, fa freddo, stiamo male. E allora sin dalla notte dei tempi ci siamo inventati che il primo giorno un po' più lungo dopo il solstizio d'Inverno si festeggia la vittoria del Sole (Sol Invictus per i latini), che proprio all'ultimo momento riprende vigore e riallunga le giornate, dai, forza, è ancora lunga ma ce la possiamo fare. Coi bambini funziona. Con molte persone funziona. Ma non con tutti: c'è una ridotta quota di persone che continuano a deprimersi anche se gli dai l'albero, il presepe, il regalo, le renne e tutte le altre cazzate. Non funzionano. Magari è una questione genetica. Non si sa, ma con i problemi che non si conoscono ci vuole un po' più di rispetto.

Anche per tutte le persone che fingono di godere e non godono, dai che ne avete conosciuto tutti qualcheduna.

martedì, dicembre 22, 2009

Ehi, Karol, guarda qui...

Insomma, qui c'è scritto che Wojtyla non ci voleva andare sul balcone a Santiago, è stato Pinochet che lo ha truffato con un abile stratagemma.
“Wojtyla era molto critico nei confronti del dittatore cileno – ha rivelato il Cardinale Tucci – e non voleva apparire accanto a lui. Io tenevo sempre d'occhio l'unica porta che collegava il salottino, dove eravamo noi del seguito, alla stanza nella quale erano il Papa e Pinochet. Ma con una mossa studiata li fecero uscire da un'altra porta”.
“Passarono davanti a una grande tenda nera chiusa - ci raccontò poi il Papa furioso - e Pinochet fece fermare lì Giovanni Paolo II, come se dovesse mostrargli qualcosa”.
Successivamente, “la tenda fu aperta di colpo e il Pontefice si ritrovò davanti il balcone aperto sulla piazza gremita di gente. Non poté ritrarsi, ma ricordo che quando si congedò da Pinochet lo gelò con lo sguardo”.
Però io non so se ci credo.
(via Giustini)

Narrare l'insurrezionalismo

Non so a voi, ma a me quando leggo articoli sull’anarco-insurrezionalismo e dintorni resta sempre come un senso di mah. Cosa avrà voluto dire l’autore? Prendete l’ultimo articolo di Colaprico, che pure è uno che dovrebbe intendersene. Prendete l’ultimo Leonardo sull’Unità.it, che pure è uno che quando non se intende setaccia mezza internet. Eppure se alla fine ti chiedi cosa hai letto negli ultimi cinque minuti...mah. Ricordo un articolo dell’Espresso di tanti anni fa, agli albori delle bombette anarco-ecc, in cui sostanzialmente il giornalista telefonava al grande vecchio dell’anarco-insurrezionalismo contemporaneo, Alfredo Maria Bonanno, per sentirsi buttare giù il telefono. Eppure riusciva a scriverci lo stesso un pezzo che s’intitolava più o meno “Chi c’è dietro la scia di attentati”. Poi leggevi il pezzo e non capivi chi ci fosse. L’unica notizia è che a Trieste esisteva un tizio che era considerato, a torto o a ragione non si sa, il teorico delle bombette.

Allora voglio provare io a dare una mano agli aspiranti narratori dell’anarco-insurrezionalismo a trovare almeno una storia degna di essere raccontata. Leggetevi un libro. S’intitola Le scarpe dei suicidi (Tobia Imperato, Autoproduzioni Fenix, 2003). Ok, tecnicamente parlando non si racconta di insurrezionalisti ma di squatter. Perché dovete sapere che gli squatter torinesi, che pure si autodefiniscono anarco-insurrezionalisti, non sono riconosciuti come tali dagli altri insurrezionalisti. Quelli che si ritrovano in un posto che si chiama El Paso "né centro, né sociale, né squat”. Ma queste sono quisquilie che interessano solo gli addetti ai lavori. La storia, dicevo. Parla di tre tizi, chi ha più di 30 anni potrebbe ricordarli vagamente nei titoli di qualche telegiornale, conosciuti come Sole, Baleno e Silvano. Ma non parla solo di loro. Parla ad esempio della Val di Susa. Che non è un paradiso perduto popolato di eremiti con l’odio per i treni veloci, no. E’ un posto la Val di Susa che se leggerete il libro vi chiederete in quale provincia della Sicilia si trovi. Ma non parla solo della Val di Susa. Parla anche di magistrati, soprattutto un certo Laudi morto qualche mese fa, e di quello che possono fare i magistrati quando non cercano la verità ma un colpevole a tutti i costi. Ma non parla solo di magistrati. Parla anche di servizi segreti, di bombette che scoppiano contro i lavori della TAV (nel 1997), di squatter che ostendono le pudenda quando Torino ostende la Sindone, di preti con la pistola, di armerie che fanno traffici con la complicità dei carabinieri. E la cosa veramente straordinaria è che non si tratta di analisi dietrologiche ma di fatti di dominio pubblico. Le scarpe dei suicidi è un libro minuziosamente documentato, senza una riga che non abbia un riferimento a un articolo di giornale, a un atto giudiziario, a un fatto di cronaca. Le scarpe dei suicidi è un libro totalmente di parte, completamente militante, dove ogni carabiniere e ogni poliziotto viene chiamato sempre e solo “sbirro”. Per questo motivo Le scarpe dei suicidi è un libro che non ha nessuna possibilità di uscire dal piccolo circuito alternativo al quale è relegato e al quale si è voluto autorelegare. E questo è un peccato. Perché Le scarpe dei suicidi è soprattutto la storia di tre sfigati. Questo e non altro sono i tre squatter anarco-insurrezionalisti di cui si parla. Tre irregolari, che vivono dentro l’ex obitorio del manicomio di Collegno, ladruncoli a tempo perso in cantieri edili e supermercati. Quando verranno coinvolti in una cosa più grande di loro non avranno gli strumenti per difendersi, gli verranno prospettati anni di carcere, tanti, e due di loro decideranno di andarsene prima. Il terzo verrà assolto. (1)



(1) Riconosciuto innocente dalle accuse di terrorismo, verrà derubricato a ladruncolo e ricettatore di crocifissi dalla Corte di Cassazione nel 2001.

lunedì, dicembre 21, 2009

mercoledì, dicembre 16, 2009

I verbali della Federazione Anarchica Informale

Quello che segue non ha l'aria d'essere un documento di fantasia, come quelli che a volte scrivo io. Sono i verbali di una riunione della Federazione Anarchica Informale di qualche anno fa, trovati su Anarchaos.

Li incollo perché anch'io, come tanti, ho un approccio un po' dietrologo alle bombe italiane, e parecchie volte mi sono chiesto se questa fantomatica FAI (che usurpa la sigla della ben più rappresentativa Federazione Anarchica Italiana) che proprio nei momenti meno adatti ti piazza lì la sua bombetta non fosse l'invenzione di qualche impiegato statale un po' deviato, che cercava di riadattare ai tempi la favola un po' sdrucita dell'anarchico bombarolo. Bene, giudicate voi. Se io fossi un impiegato del genere, i verbali della mia finta organizzazione terroristica non credo li scriverei così. Qui c'è una freschezza, un'ingenuità, che è difficile da simulare. Se sono un'invenzione, sono l'invenzione più riuscita del genere: niente a che spartire con gli ultimi farlocchissimi comunicati brigatisti, per dire.

Natale 2006, Paperopoli casa di paperino.
Partecipano COOPERATIVA ARTIGIANA FUOCO E AFFINI, BRIGATA 20 LUGLIO, CELLULE CONTRO IL CAPITALE, IL CARCERE, I SUOI CARCERIERI E LE SUE CELLE, SOLIDARIETA’ INTERNAZIONALE
Alcuni compagni che fanno parte dei gruppi fondatori della FAI Federazione Anarchica Informale, hanno deciso di incontrarsi per approfondire alcune considerazioni emerse all’interno dei gruppi. Tutti assieme hanno scelto di rendere pubblica la loro discussione, facendo circolare il più possibile la trascrizione dell’incontro. La trascrizione, a parte alcune omissioni dovute ad ovvi motivi di sicurezza, rispecchia esattamente il tono colloquiale e diretto dell’incontro, la scelta di rifiutare burocrazia e formalismi, come nella parte restante della nostra vita….
QUI – L’idea di Pippo di registrare e sbobinare l’assemblea mi piace, piace anche a Quo e Qua, per noi ne vale la pena anche se rischiamo di essere scoperti (fischi corna e scongiuri…) basta che Pippo, visto che si è offerto volontario (risa) si preoccupi di togliere tutte le chiacchiere di troppo, e di distruggere subito la registrazione.


[...]

PIPPO- Il nostro compito dev’essere, o almeno dobbiamo provarci, a buttare continuamente benzina sui piccoli fuochi di rivolta che si accendono qua e là. Visto che verrà trascritto tutto permettetemi di citarvi…(“permettiamo”risate) ora la vado a prendere… “Un pacco bomba ad un carabiniere e ad un pennivendolo asservito al potere o una bomba che provoca una semplice sbrecciatura nel muro di un carcere sono fondamentalmente utili, in un attivo evidenziano la vulnerabilità del dominio indicano chiaramente i nemici e la varietà dei mezzi per combatterli e soprattutto lasciano tutti liberi di valutare la possibilità di intervenire direttamente contro ciò che opprime!” (“AMEN” rumore di piatti, casino)
PAPERINO- Purtroppo in giro c’è ancora chi pensa che il conflitto sociale lo si possa innescare con la carta stampata, con proclami più o meno incendiari o peggio ancora facendo assistenzialismo, entrismo assistenzialista…si finirà per entrare nelle associazioni cattoliche…(risate). Non credo che la rivoluzione la faccia l’avanguardia armata e non è neanche auspicabile (“ma dov’è quest’avanguardia?” risate), ma non vi rendete conto a che livelli preteschi si è arrivati con la cosi detta lotta nel sociale.
ARCHIMEDE PITAGORICO- Vorrei ricollegarmi a quello detto da Pippo con alcune…precisazioni tecniche (risate). Eh si lo so è un vizio! Anche a me ha dato fastidio sentire critiche, soprattutto da certi ambienti dell’anarchismo che non sono certo alieni all’utilizzo dell’azione violenta in certi casi (almeno in teoria…risate), anche se mi sembrano un po’ ignorantelli o superficiali a sentire le critiche. Come fanno a pensare tutte le volte che arriva un pacco bomba all’incolumità del postino o della segretaria? Prima di tutto avranno ben visto che come molti di noi continuano a ripetere, nessun innocente si è mai fatto male, anzi a forza di mettere in atto cautele tecniche (tempi, luoghi, modalità e dosi di confezionamento) purtroppo la stiamo facendo scampare anche ai colpevoli… Come se un pacco che si incendia e non scoppia, sia un capriccio del caso e non la scelta di evitare di far male alla segretaria. Naturalmente speriamo lo spavento corso le faccia aprire gli occhi, una volta dissipato il fumo (risate) sull’istituzione per cui lavora, e le invogli magari a cambiare mestire.
QUA- A me fanno imbestialire quelli che sminuiscono con falsa superiorità le azioni, prendendo magari per buone le cazzate dei giornali. Non li sfiora l’idea che se si nascondono due ordigni nei cassonetti dell’immondizia fuori da un carcere od una caserma e li si fanno esplodere a diversi minuti di distanza l’uno dall’altro non è per fare dispetto alla nettezza urbana ma per stanare e colpire qualche servo dello stato. Ci tengo a ripetere che se tali azioni sono fallite è da imputare solamente agli scrupoli eccessivi per non rischiare di coinvolgere passanti.
PAPERINA- Poi dobbiamo fare capire che anche quando un’azione fallisce rispetto al suo obbiettivo primario, crea comunque al potere numerosi danni economici e non solo. Ogni volta che ci avviciniamo a loro e gli depositiamo qualcosa sotto il culo li mettiamo comunque in pericolo e ridicolizziamo l’enorme apparato repressivo e di controllo che vantano di avere, per esempio le due bome a pochi metri dagli uffici dei RIS di Parma non devono essere stati uno scherzo per loro, peccato che la seconda non ha funzionato. (“sfiga” risa), queste azioni costringono il potere ad aumentare le misure di sicurezza…che tanto qualche nuovo ribelle riuscirà a superare.
NONNA PAPERA- Questo vale anche per un pacco inesploso: costringe gli aguzzini a vivere nella paura o sotto scorta e rende evidente a tutti l’infamità della loro attività. Un altro esempio è quello di Giovanardi, che vive sotto scorta da quando ha ricevuto dai nostri compagni della Narodnaja Volja/FAI un bel pacco regalo al CPT di Modena.

[...]

PAPERINA- Non è semplice è c’è poco da ridere, sono spiazzata, tra chi blatera di provocazioni e chi si butta sulle lotte più astratte non riescono più a leggere bene la realtà che vivono. Guardate quello che è successo in Val Susa, per la lotta contro il TAV, ci si è interessata un ventagli sociale e politico vastissimo, dai sindaci ai cattolici, dai fascisti agli anarchici, li ha messi d’accordo una sola cosa… è bastato un candelotto esplosivo per farli gridare tutti allo scandalo (anarchici compresi)
ARCHIMEDE PITAGORICO- Secondo me il problema è opposto. Dobbiamo far vedere che facciamo sul serio, che non ci nascondiamo dietro cervellotici ragionamenti e non abbiamo problemi a passare all’attacco anche a rischio di giocarsi la vita!
PAPERINA- Che retorica del cazzo!
ARCHIMEDE PITAGORICO- Lasciami finire, il problema è un altro, abbiamo scrupoli non ci spingiamo mai oltre. Bisogna essere più efficaci, non lesinare con gli esplosivi e non aver paura di rischiare di far male ad una segretaria se l’obbiettivo è uccidere il padrone.
QUO- E’una questione di mezzi, bisogna usarne di più selettivi: pistole non esplosivo. Chiunque riesce a procurarsele, noi invece andiamo avanti a dinamite, diserbante e qualche manciata di polvere nera. Io parlo per il nostro gruppo, ne abbiamo già discusso, abbiamo deciso di procurarcele e iniziare ad usarle.
ARCHIMEDE PITAGORICO- Non è questo il problema, io so come fare a farvele avere, da parte mia mi sembra di essere l’unico qui ad agire anche individualmente, per quanto ne so è meglio la buona vecchia dinamite: riesco a gestire tranquillamente l’azione e i tempi di fuga e soprattutto ha un maggiore effetto, spaventa di più insomma. E poi, lo ripeto il rischio di venire presi è molti minore, non possiamo permetterci di cadere siamo pochi e quindi, non ridete, preziosi.
PAPERINA- Bah, a parte salvare i gioielli di famiglia…non credo che i rischi con l’esplosivo siano bassi. Noi non siamo degli esperti, continuo a dirlo, però pur usando tutte le precauzioni del caso, una volta per colpa di un circuito elettrico isolato male stavamo per saltare in aria…non sto scherzando io già quella volta mi ero ripromessa di mollare con le bombe e usare le pistole, non per uccidere però!
ARCHIMEDE PITAGORICO- Come cazzo le vuoi usare, come fionde?


Continua , e c'è poco da ridere, come dice Paperina.

Non guardare

Ci sono molte persone che, quando hanno avuto voglia di rivedere il faccione di Berlusconi ferito, hanno digitato su Google Images "Berlusconi ferito", "Berlusconi Tartaglia", "Berlusconi sangue", "Berlusconi Piazza Duomo"... e non l'hanno trovato.

A questo punto potevano pensare che (1) Google ci mette un po' a indicizzare le immagini, e anche se non spiega come fa, molto difficilmente usa torme di stagisti in schiavitù (tutti perfettamente parlanti l'italiano) che prendono ogni immagine e vi assegnano le parole chiave che sono le più logiche secondo noi. Oppure (2) gridare alla censura! Censura! Lo Stato italiano ci impedisce di fruire di Berlusconi via google images! (ma non via google.it, bizzarramente). Va da sé che la seconda opzione ha furoreggiato per un bel po', anche se mi pare che ora la ragione stia prevalendo.

Comunque devo dire che mentre facevo anch'io i miei stupidi tentativi, digitando appunto "Berlusconi sangue", mi sono trovato davanti un'immagine che questa sì, probabilmente, un governo dotato di una minimo amor proprio avrebbe potuto e dovuto censurare.

E' un'immagine che è talmente antiberlusconiana da trasformare l'avversione in pietà, nel senso che uno la guarda e poi pensa: "beh, se il berlusconismo è questa roba qui, poveracci". La trasformazione del pensiero in carne, della carne in plastica, della plastica in nulla, della giovinezza in vecchiaia e viceversa, del tutto in niente. Tutti i desideri che abbiamo provato, entrano in un corpo qualsiasi e lo lasciano privo di senso.

Io credo sia impossibile guardarla per pochi secondi e rimanere berlusconiani. Al limite continuerai a comprare il Giornale e a guardare Fede, ma col vuoto nel cuore.

E insomma, è talmente un colpo basso, questa immagine, che davvero, persino un antiberlusconiano come me esita. No, vabbè, eccola qui.

La notte che Pinelli

Era questa, di quarant'anni fa

martedì, dicembre 15, 2009

Continuo a sperare che Berlusconi muoia

A beneficio del ministro Maroni e di qualsiasi organo investigativo vorrei ribadire che questo blog, almeno per la quota che mi riguarda (quindi un buon 25% direi), si augurava in passato e continua ad augurarsi ora la morte fisica dell'attuale Presidente del Consiglio dei Ministri. Si sa mai che qualcuno creda che ci abbia ripensato.

aggiornamento: scopro solo ora che Marco Travaglio aveva difeso il diritto all'odio giusto ieri
Chi l’ha detto che non posso odiare un uomo politico? Chi l’ha detto che non posso augurarmi che se ne vada al più presto? Chi l’ha detto che non posso augurarmi che il Creatore se lo porti via al più presto?”, guardate che questa cosa qua, che sembra orrenda, dice “ oddio, c’è qualcuno che lo odia!”, è assolutamente normale: ognuno a casa sua, nel suo intimo, è libero di odiare e di amare chi gli pare e non esiste in democrazia che i cittadini siano obbligati a amare coloro che li governano

Parole che trovo di limpidità inusuale in un paese ipocrita e irrazionale come il nostro e che ovviamente sottoscrivo in pieno
(personalmente le sostenevo in tempi non sospetti per la verità)

Vorrei cogliere l'occasione per andare oltre e abbozzare un ragionamento sull'odio come strumento politico di difesa delle minoranze: secondo me se milioni di persone che odiano Berlusconi rendessero pubblico questo loro odio insieme all'augurio di morire, sottoscrivendolo con nome e cognome, ecco questo secondo me sarebbe dirompente e porterebbe l'odio ad abbandonare la categoria del sentimento per entrare in quella politica. Certo, come tutte le bombe atomiche porterebbe rischi notevoli. Ma credo che varrebbe la pena di tentare. C'è qualcuno là fuori che la pensa come me?

venerdì, dicembre 11, 2009

venerdì, dicembre 04, 2009

I lettori anali del Giornale

Uno dei problemi dell'Italia, non il primo ma nemmeno l'ultimo, è Vittorio Feltri.

Non tanto la persona in sé, a cui una nazione civile avrebbe da tempo proibito di contrabbandare per giornalismo la sua attività propagandistica (niente di male nel fare propaganda: basta ammetterlo, non fingere di essere un operatore dell'informazione). Più che Vittorio Feltri, si tratta dei lettori di Vittorio Feltri.

Questi lettori, che decidono di abbeverarsi quasi quotidianamente alla fonte torbida di Vittorio Feltri, non sono stupidi. Ovvero, qualche stupido c'è dappertutto e ci sarà anche nel bacino d'utenza del Giornale. Ma per la maggioranza sono persone normodotate, tra cui si contano numerosi professionisti e imprenditori. Gente che non si fa fregare, in teoria.

In teoria; perché nella pratica Feltri li frega da anni. Il caso Boffo è solo l'ennesimo episodio di una lunga storia di accuse infamanti lanciate e poi ritirate quasi sottovoce. Feltri frega i suoi lettori, e la cosa grave è che i suoi lettori (persone intelligenti) lo sanno. E gli piace.

Io credo che il lettore medio del "Giornale", quando quest'estate si deliziava coi retroscena piccanti su Dino Boffo, sapeva in un angolo della sua testa che era una montatura: lo sapeva e gli andava bene. Ecco, questa voglia di farsi prendere per il culo, di mandare giù qualsiasi cazzata e ripeterla nei bar, questo bispensiero, è quello che ci ha mandato in Etiopia a caccia del negus, e poi a spezzare le reni alla Grecia, la voglia di leggere che i treni finalmente sono puntuali mentre si aspetta l'espresso che non arriva mai, l'amore anale tutto italiano, tutto borghese italiano, per il giornalista che più te le ficca dentro grosse, più ti piace.

mercoledì, dicembre 02, 2009

Le scuole crollano, gli ospedali puzzano, però ci sentiamo tantissimo difesi

La prossima volta che qualcuno vi parlerà di ineluttabili tagli all'istruzione, alla sanità, alla sicurezza (la polizia non ha benzina)... massì, anche alla cultura, ricordiamoci che c'è un settore in cui non si taglia mai, ed è talmente fondamentale per il nostro benessere che a sovrintenderlo ci hanno messo Ignazio La Russa.

secondo i dati Sipri, l’Italia spenderebbe per il personale addirittura l’85,3%, cioè di gran lunga di più di altri Paesi occidentali: la Gran Bretagna spende il 62%, la Francia il 74%, gli Stati Uniti il 56%. In particolare, la nostra “spesa militare” ci colloca all’ottavo posto della graduatoria mondiale davanti a paesi come la Russia (19,4 miliardi), Arabia Saudita (19,3 miliardi), Corea del Sud (15,5 miliardi) e India (15,1 miliardi). Relativamente, poi, alla spesa pro-capite, la spesa militare italiana è stata di 478 dollari pro-capite (valore che scaturisce dal seguente rapporto: spesa militare/popolazione), più elevata di quella di nazioni come il Giappone (spesa militare pro-capite di 332 dollari) o la stessa Germania (spesa militare pro-capite di 411 dollari). Questi dati risultano ancor più significativi se la spesa militare italiana viene correlata con la spesa percentuale per lo stato sociale. Alle politiche sociali, infatti, la Gran Bretagna destina il 6,8% del Pil, la Francia il 7,5% e la Germania l’8,3%, mentre l’Italia sfiora il 2,7%.