sabato, novembre 26, 2016

Fidel il romantico Vs. Guevara il cinico



(Dal nostro inviato speciale) L'Avana, 9 agosto. Nell'aprile dell'anno scorso, Fidel Castro era in visita negli Stati Uniti, partecipava a banchetti e ricevimenti, teneva prolissi discorsi alla televisione e nelle università. Gli americani, che lo avevano aiutato con armi e denaro a rovesciare la dittatura di Batista, lo accolsero come un trionfatore. Per l'aspetto romantico, quarantottesco, egli piacque soprattutto alle donne americane, che nei supplementi domenicali del loro giornale leggevano con intensi brividi di emozione la spietata guerriglia che egli aveva condotto sulla Sierra Maestra. In quel periodo Fidel Castro non aveva cariche di governo, era un vittorioso capo rivoluzionario cui gli americani tributavano molti onori, ma non fu ricevuto alla Casa Bianca. Egli non dimenticò quel fin de non recevoir e nella campagna contro i monopoli nordamericani a Cuba non fu estraneo il risentimento personale del barbuto guerrigliero. Tuttavia, in quel periodo egli era dell'opinione che l'appoggio degli Stati Uniti era indispensabile a Cuba e poiché non ignorava che il più grosso spauracchio degli americani era il comunismo, ad un pranzo offertogli dalla società nordamericana editori di giornali a Washington egli dichiarò: « Rispetto al comunismo posso affermare che io non sono comunista, né i comunisti hanno forza sufficiente per diventare fattore politico determinante nel mio Paese ». Da quel giorno, molte cose sono mutate a Cuba. Come lo avevano aiutato a cacciare Batista, gli americani erano disposti a finanziargli anche la riforma agraria purché la realizzasse con metodi economici democratici. Ma Fidel Castro non era in quell'ordine di idee e non lo era soprattutto Ernesto Guevara, che è la vera mente organizzatrice della rivoluzione cubana. Giovedì sera, aprendo il primo congresso della gioventù latino-americana, il presidente della Banca Nazionale signor Ernesto Guevara disse testualmente: « A chi mi domanda se la nostra è una rivoluzione comunista, posso rispondere che per esperienza diretta abbiamo scoperto le vie tracciate da Marx. Recentemente, il ministro sovietico Mikopan mi confidò che la rivoluzione cubana è un fenomeno non preveduto da Marx » Teorizzando sul comunismo, Marx non pensava certo a Cuba, ma ci ha pensato Kruscev, il quale ha trovato nell'azione antiamericana di Fidel Castro la inopinata, insperabile possibilità di penetrare attraverso Cuba in tutta l'America Latina. I dirigenti sovietici, però, non hanno molta fiducia in Fidel Castro, lo considerano necessario per convogliare il favore delle masse proletarie che credono in lui, ma lo reputano inadatto al ruolo di capo comunista. L'uomo nuovo del Cremlino nel Mar dei Caraibi è Ernesto Guevara, dette Che (i cubani pronuncianoTvè), argentino, marxista integrale, rivoluzionario di professione, ricercato dalle polizie di molti Paesi dell'America Latina per la sua attività sovversiva, che controlla ormai tutta l'economia cubana attraverso la Banca Nazionale che egli ha creato, importatrice unica di tutti i generi di consumo. Sui pesos di carta egli firma Che, col suo nome partigiano. Si dice che Fidel Castro sia un rassegnato succubo dell'amico argentino il quale, dopo tanto fuggire, ha finalmente trovato a Cuba la piattaforma ideale per realizzare la sua missione, diffondere il comunismo in tutta l'America Latina, ma anche se così non fosse la realtà della situazione non muterebbe. Non ancora quarantenne, Ernesto Guevara applica nella sua attività politica il biblico consiglio: “Sii candido come colomba, freddo come il serpente” con diligenza esemplare. Con una serie di interventi machiavellici ha portato Cuba al comunismo senza che l'opinione mondiale se ne rendesse conto. Il dramma cubano è esploso in tutta la sua evidenza quando Ernesto Guevara, e non Fidel Castro, ordinò alle società petrolifere estere di raffinare il grezzo importato dalla Russia. In quel momento tutti si resero conto che i sovietici erano già saldamente installati a Cuba. Un intero albergo, il Rosita de Hornedo, è stato messo da Guevara a disposizione dei tecnici russi, cecoslovacchi e cinesi che lo consigliano nella attuazione del collettivismo marxista a Cuba ed a preparare la rivoluzione comunista in tutto il Centro e Sud America. L'organizzazione del primo congresso della gioventù latinoamericana è stata curata, e finanziata in parte, dai sovietici che di questo genere di raduni hanno fatto una lunga esperienza in Europa. Il migliaio di congressisti, già imbevuti di teorie marxiste, ritornando ai loro paesi troveranno altre migliaia di orecchie disposte ad ascoltare le realizzazioni sociali della rivoluzione cubana ed il movimento fidelista, incanalato da Guevara sulle vie del comunismo internazionale, non tarderà a fare adepti. I metodi sono sempre gli stessi, il nazionalismo esasperato ha la chiave più sicura per penetrare nello spirito romantico e ribelle dei giovani. Durante il viaggio alla Sierra Maestra, ho sentito più di una volta la delegazione messicana al congresso giovanile, gridare con irosa veemenza: « Viva la California libera, viva il Texas libero, viva il Nuovo Messico libero» annunciando un irredentismo che quelle regioni degli Stati Uniti nemmeno sognano, ma che fa comodo agli agitatori per installare nei messicani l'idea di rivendicazioni assurde su quelle regioni perdute dal Messico nella guerra contro gli Stati Uniti. Come fiancheggiatori dei giovani congressisti agiscono in molti paesi dell'America Latina gli agitatori clandestini, solitamente nascosti nelle ambasciate cubane. Dieci giorni fa, la polizia argentina ha fermato ed aperto il corriere diplomatico dell'ambasciatore cubano e vi ha trovato materiale propagandistico, istruzioni per organizzare cellule rivoluzionarie, radio trasmittenti da campo. L'altro giovedì, la polizia venezuelana ha scoperto una cellula clandestina cubana a Caracas e Andrea Covas, l'organizzatore, è stato ucciso. L'attività sovversiva dei rivoluzionari cubani in molti paesi dell'America Latina non è più un segreto per nessuno, come non è un segreto che dietro agli attivisti di Ernesto Guevara agiscono gli esperti sovietici che pagano le spese non indifferenti della massiccia azione iniziata per rovesciare i governi dell'America centrale e meridionale. I risultati di tanta attività non si vedranno a breve scadenza, gli esperti prevedono che nel prossimo decennio, se non vi, come la terza guerra mondiale, tutta l'America Latina sarà sconvolta da sommosse sediziose e guerriglie d'ispirazione sovietica. Il terreno sudamericano è quanto mai fertile per seminare il verbo marxista, milioni di uomini che conducono un'esistenza miserabile, arretrata di un secolo rispetto al progresso odierno, sono le falangi dei futuri rivoluzionari che il comunismo, celandosi dietro al vago messianesimo di Fidel Castro, riuscirà ad attrarre sotto le sue bandiere se le riforme sociali già iniziate in molti Stati non daranno risultati concreti. Questi uomini abbrutiti da una miseria secolare non sanno e non possono fare distinzioni fra il benessere che può offrire la democrazia con una lenta, sicura evoluzione e le promesse, che non saranno mantenute, di chi offre tutto e subito. In seguito, quando la realtà delle cose s'impone, avvengono i ripensamenti, come già si avverte a Cuba dove la classe piccolo-borghese che ha partecipato alla rivoluzione incomincia a distinguersi dalle masse proletarie che ancora sorreggono Fidel Castro ed il non più celato comunismo di Ernesto Guevara il quale, con gesto d'imperio, ha nominato importatrice unica di tutti i generi indispensabili all'esistenza la Banca Nazionale che egli stesso dirige. Ciò significa la rovina economica per decine di migliaia di persone che vivevano sul commercio all'ingrosso e al dettaglio, ed è immaginabile il loro stato d'animo contro un governo che ha statalizzato il commercio di scarpe, camicie, medicinali, spille da balia, alberghi, ristoranti, collettivizzando persino i night clubs e le case da gioco oltre alle case ed alle terre confiscate ai ricchi. Il malumore contro Fidel Castro, ma soprattutto contro Guevara è abbastanza diffuso nelle classi toccate dalla riforma sociale, ma è impensabile che un movimento interno possa rovesciare la dittatura. Molti osservatori pensano, o sperano, in un intervento dall'esterno organizzato da cubani in esilio. Tutti sanno che in un paese del centro America agisce la “rosa bianca”, un'organizzazione diretta dall'ex-ministro batistiano Diaz Bàlart, fratello della ex-moglie di Fidel Castro, ma è un'organizzazione screditata con la quale nessun democratico vuole avere rapporti. Tra gli esuli cubani i democratici sono numerosi e soltanto costoro potrebbero organizzare un serio movimento controrivoluzionario. In Sudamerica non è difficile organizzare un movimento clandestino, quello di Fidel Castro può insegnare molte cose. Salvato dalla moglie batistiana dopo il fallito assalto alla caserma Moncada, Fidel Castro andò in esilio, prima negli Stati Uniti, poi in Messico e qui incontrò il colonnello Alberto Bayo, condottiero di partigiani nella guerriglia spagnola. Insieme, i due istituirono una scuola di guerriglia in una grossa azienda agricola messicana dove un'ottantina di giovani si addestravano a lanciare bombe, a sparare dalle automobili in corsa, a tendere agguati, a devastare centrali elettriche e telefoniche. Tutto ciò Fidel Castro lo ha raccontato in articoli ed interviste ed è chiaro che quanto ha fatto lui possono ripeterlo i suoi nemici. Spinto da Ernesto Guevara egli ha lanciato la sfida a tutto iI Sudamerica ed è comprensibile che i vari governi, per nulla rassegnati a vedere i loro Paesi dominati dal comunismo, non rimangano inerti. Per la giornata del 26 luglio, nessun governo del Centro e Sudamerica ha inviato la sua adesione alla festa nazionale cubana, Fidel Castro ha ricevuto telegrammi soltanto da Kruscev, Mao Tse-tung, dai governi dei Paesi d'oltre cortina e da Nasser. Persino Tito, cui andavano le simpatie di Fidel Castro, ha preferito ignorare la solennità rivoluzionaria cubana. Probabilmente è per causa dell'isolamento cui si sente condannato che durante il suo discorso del 26 luglio Fidel Castro ha minacciato di trasformare la Cordigliera delle Ande in una inespugnabile Sierra Maestra, cioè in una sede di feroce guerriglia comunista. Forse egli ha già la certezza che in qualche paese affacciato sul Mare dei Caraibi, in un'azienda agricola nascosta ai curiosi, gruppi di cubani anticomunisti si addestrano, come faceva lui sette anni addietro, a sbarcare nell'isola ed iniziare la controrivoluzione ed ha fretta, prima di andarsene, se mai se ne andrà, di lasciare un segno della sua presenza in tutti i Paesi dell'America Latina che lo hanno condannato.
Francesco Rosso

La Stampa - 10/08/1960