sabato, marzo 31, 2018

You Gotta Let My People Go-Go-Go

Moses went up to the mountain high
To find out from God why did you make us? why?
Secret words in a secret room
He said: "A womp bop a lu bop a lop bam boom.

(E già a questo punto sarebbe un capolavoro, capite).



I did not put you here to suffer
I did not put you here to whine
I put you here to love one another
And to get out and have a good time now now now".

Let my people go-go-go
You gotta let my people go-go-go
Let my people go-go-go
You gotta let my people go

(Si chiamano One Hit Wonder, questa per esempio frulla unicamente nella mia testa almeno dal 1987).

venerdì, marzo 30, 2018

Poterti smembrare coi denti e le mani

"Sapere i tuoi occhi bevuti dai cani".

(È mai esistito un incipit più violento di questo? Non lo so).



La Via della Croce di Fabrizio De Andrè, da quel suo disco-vangelo-apocrifo che lui stesso considerava uno dei suoi album migliori, La buona novella. In effetti è il punto d’arrivo del De Andrè cantastorie e il punto di partenza del De Andrè etnico: c’è già Pagani al flauto, c’è Branduardi alla chitarra, c’è come un senso di Palestina nell’aria. E poi ci sono momenti kitsch e geniali, come appunto Via della Croce, in cui non so se De Andrè o Gian Piero Reverberi colgono un’altra intuizione geniale: la Passione di Gesù come uno spaghetti-western. Se manca qualcosa all’arrangiamento è un’armonica, o piuttosto… no, uno scacciapensieri.

È il 1969, tutti dicono che il disco rifletta la contestazione, ma qui soprattutto riflette tantissimo Morricone, De Andrè non è mai suonato tanto Johnny Cash, tu chiudi gli occhi e vedi volti sanguinosi e sudati e tutto quadra, in modo incredibile, ti rendi conto che un Gesù-spaghetti-western avrebbe avuto molto più senso del Gesù Torture Porn di Gibson, è un vero peccato che nessuno lo abbia proposto a Sergio Leone. Ma probabilmente Paolo VI non avrebbe gradito, erano tempi diversi.

Son pallidi al volto, scavati al torace
non hanno la faccia di chi si compiace
dei gesti che ormai ti propone il dolore
eppure hanno un posto d’onore.
Non hanno negli occhi scintille di pena
non sono stupiti a vederti la schiena
piegata dal legno che a stento trascini
eppure ti stanno vicini.
Perdonali se non ti lasciano solo,
se sanno morir sulla croce anche loro;
a piangerli sotto non han che le madri,
in fondo son solo due ladri.

Due ladri. Clint Eastwood ed Eli Wallach. Perfetti. Cosa ci siamo persi.
"Non dargli retta, Gesù, lui è solo un grandissimo figlio di... uauaua!"

giovedì, marzo 29, 2018

When they came for Him in the garden, did they know?



Saved è un disco che parla per lo più di grazia, di salvezza: non è così strano che la canzone che ha più resistito dal vivo sia quella che guarda in basso, verso l'inferno dei viventi. Anche a Dante è venuto meglio l'Inferno che il Paradiso, no?

No, probabilmente il Paradiso è meglio, ma all'Inferno i profani si accostano più volentieri: le disgrazie dei peccatori essendo comunque più intriganti dell'esultanza dei beati che stucca prestissimo. Forse nel 1987 il Dylan che si sforzava di stare sul palco come una rockstar aveva ormai messo via Solid Rock e Saved perché non erano più credibili. Ma In the Garden, con quella progressione demoniaca – una delle più strane che Dylan si è inventato in tutta la sua carriera, il che non è poi un granché, quante ne avrà usate nella sua carriera? Più di sette, meno di settanta – quella progressione che sembra avvicinarsi all'umanità come la punta del dito di un Accusatore: "quando venne nell'orto, lo sapevano?" "quando parlo alla Città, lo ascoltarono?" – In the Garden funzionava ancora. Gli Heartbreakers l'avevano per quanto possibile trasformata in un oggetto hard rock, rivestendola con un riff martellante che alla fine è Heartbreaker dei Led Zeppelin. Ognuno ha i suoi miti, spiega Bob mentre Petty si fuma una sigaretta: voi avete Michael Jackson o Bruce Springsteen, io... ho questo Signore qui.

mercoledì, marzo 28, 2018

Walking with J

When the saints come down
Trembling on my back
When they synchronize my heads
Forevermore
Be a leader of the pack
And they show me heavens door

We never see exactly where to be
And it never should have gone this far



With Jesus
And they say what he says
And the jerk and the smart-ass
Show off their passes
And want us all to come along

Someone died for you
Don't you think it's true
There's a pot and there's a stew
Would we lie to you
Fill your head with lies?
It's all written in this book

We never know exactly where to go
And it never should have gone this far

With Jesus
And they say what he says
And the jerk and the smart-ass
Show off their passes
And want us all to come along

What's the book you read
Compared to what he said?
Still you substitute your head
And we all go 'round
Searching lost and found
Make us all just tag along

With Jesus
And they say what he says
And the jerk and the smart-ass
Show off their passes
And want us all to come along

martedì, marzo 27, 2018

And you're making me feel like I've never been born

Già che si parlava di Beatles, un aneddoto che dà la misura del mio rincoglionimento primaverile: l'altro giorno ho sentito anch'io come tutti che Paul McCartney stava marciando a New York per il controllo delle armi da fuoco, e che aveva dichiarato: "uno dei miei migliori amici è stato ucciso qui nei pressi". E ricordo di aver pensato: sì? Hanno ucciso un amico di Paul? Beh ma mi dispiace. Poi mi sono riaddormentato, e per altre 12 ore non ho capito a chi si stava riferendo.



(Da Revolver è passato più di mezzo secolo, di opportunità per stravolgere le canzoni pop e trasformarle in qualcos'altro ne abbiamo avute infinite, eppure continua a non venirmi in mente niente di più estremo di quell'inciso in 3/4 di She Said She Said. È l'equivalente di rompere la tela di un quadro, e poi riaggiustarla appiccicandoci il disegno di un bambino. When I was a boy everything was fine).

(Ho scoperto che Revolver era uno dei dischi preferiti di Fabrizio Frizzi – uno dei pochi presentatori italiani che sapevano stare in scena senza rubarla agli ospiti. Di chi vuole bene ai Beatles ti puoi fidare, in generale).

lunedì, marzo 26, 2018

Please don't wake me no don't shake me

A volte sui social c'è gente che butta lì domande qualsiasi che mi mettono ansia, del tipo: qual è la tua canzone dei Beatles preferita?

Che domanda scema.

Però sul serio, qual è?

Ma che ne so scusa, non ho neanche il tempo per pensarci.

Tanto ci stai già pensando.

Boh davvero, guarda, non saprei, probabilmente...

Hai paura di rispondere troppo banale?

Io? Ahah, no.

Let It Be?

Mai sopportata.

I Am the Walrus?

Ma no, siamo seri, dai.

Ti avverto: nel thread ci sono già tre che per sentirsi originali...

Ma chi è che vuole sentirsi originale sui Beatles, suvvia.

...hanno detto Tomorrow Never Knows.

MALEDETTI!

Era perfetta, lo so. Come Together?

Ma alla fine, per carità, ho molta stima per la mozione Come Together, ma alla fine insomma è un blues, dai. Cioè non è così rappresentativo del...

Oh! Darling.

Una volta mi piaceva tanto, adesso non la sopporto. Triste.

Ma sei sicuro che ti piacciono i Beatles?

Già.

Ma è possibile che non riesci ad avere una canzone preferita, una band preferita, un piatto, un colore...

Va bene, sono strano, lo so da 40 anni, adesso se ti spiace ho da fare... (sviene dal sonno sulla poltrona, perché sai, la primavera, l'ora legale ecc.).

(Per favore non svegliatelo, non scuotetelo, lasciatelo lì dov'è, sta solo dormendo).




MOTIVI PER CUI DAVVERO I'M ONLY SLEEPING POTREBBE ESSERE LA MIA CANZONE DEI BEATLES PREFERITA.

– Non capiva nulla di politica, era un disastro con le donne, ma quando parla di sonno Lennon sa maledettamente di cosa sta parlando.
– Tutti quei suoni fuori posto, come le luci del mattino appena cambiano l'ora solare, quei coretti che sanno esattamente di mattino presto al punto che fa strano sentirli a qualsiasi altra ora del giorno e della notte, e quell'assolo alla rovescio.
– Quell'assolo di chitarra alla rovescio che ti fa pensare che il sonno sia l'altro lato della veglia.
– C'è un tipo di inciso che solo Lennon sa scrivere. È solo un mezzo inciso. A un certo punto della canzone tu ti aspetti tot battute, lui le taglia a metà e poi riparte con la strofa come se niente fosse, come un ripensamento. Lyin' there and staring at the ceiling.
– Sai, la primavera, l'ora legale, ho esaurito i caffè, ti ho detto che alle cinque ero in riunione e mi hai chiamato alle cinque un quarto e mi hai chiesto: stai dormendo?

sabato, marzo 24, 2018

Little Girl in Bloom (Thin Lizzy)

Forse bisognerebbe fare come in Toscana nel medioevo, contare gli anni a partire dal 25 marzo, l'annunciazione di Maria. Se oggi concepisci un bambino, dovrebbe nascere intorno a Natale. Come lo concepisci poi è affar tuo, vero?

I Thin Lizzy nel '73 erano un power trio che ce la stava mettendo tutta, ma se vieni dall'Irlanda forse è più difficile. Volevano fare hard rock, ma riuscivano ad andare in classifica soltanto con le ballate folk. Il loro frontman, Phil Lynott, aveva tratti somatici ben poco celtici (suo padre veniva dalla Guyana), un approccio pre-punk al basso e un occhio insolitamente attento a quello che gli succedeva intorno, per le piccole storie suburbane alla Kinks – ma la gente voleva sentir cantare di eroi e folletti e vite esagerate. Ai Thin Lizzy nel '73, tra qualche pezzo hard rock e qualche ballata capitò di incidere Little Girl in Bloom, che è più o meno come se a un imbrattatele sconosciuto di Dublino capitasse di dipingere un Guido Reni.

È un brano senza tempo, che non è necessariamente un complimento. A me piace che i brani abbiano un tempo riconoscibile, mi piace sorseggiarli e affermare con sicumera "questo è un '76", "questo è decisamente un '93". Little Girl in Bloom non è niente del genere, è un pomeriggio nuvoloso, è una ragazza alla finestra che guarda gli uomini giocare a cricket. Ha un segreto nel grembo, deve spiegarlo a suo padre, sarà complicato. Rilassati, le dice Lynott. Aspetta di essere sola con lui. È difficile trovare le parole giuste in certi casi, specie se nel frattempo stai anche suonando il basso, ma per Lynott non è un grosso problema: non fa che suonare due note, per quasi tutta la canzone. Una cosa piuttosto barbara per gli standard del '73, ma sai che c'è? Non importa più.



Little girl in bloom
All the clouds will go drifting by
So sing your lullabying tune
Every word is in your eyes
As you sit and softly croon
Little girl in bloom
Your love it fills the air
With the scent of the sweetest, sweet perfume
You feel so good you just don't care
You're gonna be a mammy soon

Poi, quando l'angelo alla finestra ha detto tutto quel che poteva dire – e magari la partita di cricket è finita, il sole è tramontato, il papà sta salendo le scale – all'improvviso il chitarrista si risveglia ed è come se la canzone cominciasse solo a quel punto. Buon anno. Diventeremo tutti più grandi, da qui a Natale.

(Questo disco non andò nemmeno in classifica. Qualche anno dopo i Thin Lizzy riuscirono a sfondare con The Boys Are Back in Town, e divennero il gruppo rock anni '70 che speravano di diventare. Quei '70 in realtà stavano già finendo, e lo stesso Lynott non sarebbe sopravvissuto di molto. Ma sai che c'è? Ha scritto Little Girl in Bloom).

venerdì, marzo 23, 2018

Piaceri proibiti: Che resta di un sogno erotico se...

Voglia di stringersi e poi
vino bianco, fiori e vecchie canzoni
e si rideva di noi...
che imbroglio era?
Maledetta primavera.

Che resta di un sogno erotico se
al risveglio è diventato un poema?
Se a mani vuote di te
non so più fare
come se non fosse amore
se per errore
chiudo gli occhi e penso a te.

SEEE PER INNAMORARMI ANCORA
TORNERAAAAAAAAAI
MALEDETTA PRIMAVERA
CHE IMBROGLIO SEEEEEEEEEEEE
PER INNAMORARMI BASTA UN'ORA...

CHE FRETTA C'ERA?
MALEDETTA PRIMAVERA!
CHE FRETTA C'ERA?
se fa male solo a me.


Che resta dentro di me
di carezze che non toccano il cuore?
Stelle una sola ce n'è
che mi può dare
la misura di un amore
se per errore chiudi gli occhi e pensi a me.

SEEEEE PER INNAMORARMI ANCORA
TORNERAA AAA AAAA AAAAAI
MALEDETTA PRIMAVERA
CHE IMPORTA SEE EEE EEEE EEE EEE EEE EEE EEE EEEE
PER INNAMORARMI BASTA UN'ORA:

CHE FRETTA C'ERA?
MALEDETTA PRIMAVERA!
CHE FRETTA C'ERA?
MALEDETTA COME ME.

Lasciami fare
come se non fosse amore
ma per errore
chiudi gli occhi e pensa a me.

giovedì, marzo 22, 2018

Risveglio di primavera

Temo che Mondi Lontanissimi sia stata la prima musicassetta che ho posseduto legalmente, senz'altro un regalo di compleanno. Ero già abbastanza consapevole che non valeva La voce del Padrone e nemmeno L'arca di Noè, ma era pur sempre Battiato. Non c'era niente come Battiato, era proprio un universo a parte. (Almeno non sembrava fatto tutto con le tastierine Roland, come Orizzonti Perduti).



Ero talmente giovane da non trovare dissonante il fatto che l'innamoramento, invece di procedere con la primavera, per Battiato sembri terminare proprio in quel momento, quando finalmente ci si risveglia (che è l'effetto che mi fanno ancora le prime giornate di sole, e certi fantasmi che ho avuto davanti per mesi scompaiono all'improvviso senza salutare né dare appuntamento). Ché poi magari Battiato voleva dire il contrario, Battiato è goffissimo coi versi. ("Vedere ballare il flamenco / era un'esperienza sensualissima"). Ero troppo giovane per rendermene conto. Meno male.

Mentre mi studiavo Dylan ho letto da qualche parte che i dischi prodotti nel 1985 sono quelli che sono invecchiati peggio in assoluto. Mondi Lontanissimi in effetti risente del fatto che nel frattempo abbiamo tutti imparato l'inglese e dimenticato quanto fosse assurdo il batt-inglese: No Time No Space è effettivamente improponibile, mi domando quand'è l'ultima volta che l'ha cantata ("keep your feelings in memory!") Anche il rap freddo di Chanson Egocéntrique mi lascia molto più freddo, e i Treni per Tozeur senza Alice lascia a disagio. Però c'è l'Animale, c'è Via lattea, ci sono un paio di brani molto gigioni che facevano ridere già allora (Personal Computer, Temporary Road) e questo pezzo sospeso tra l'europop e il Medio Oriente che si difende ancora bene. Quell'anno la portò anche a uno di quei festival estivi un po' tristi: per l'occasione conciò sé stesso e la band da garibaldini. Per un siciliano che canta una cosa un po' neoborbonica dev'essere l'equivalente delle spille con le svastiche per i punk inglesi.

martedì, marzo 20, 2018

Primavera, primo movimento, battuta 14



Ok, è probabilmente la scelta più banale che potevo fare per festeggiare l'equinozio, e però la Primavera di Vivaldi ha quel momento – qui sopra a 0:50, proprio dopo le 12 battute che avete imparato col flauto alle medie – in cui ogni violino sembra andare per i fatti suoi, ogni uccellino ha un discorso che interessa solo a lui non si armonizza necessariamente con gli altri – che mi ha sempre fatto girare la testa. Mi sembra tuttora una cosa modernissima, un anacronismo che non nota mai nessuno perché è davanti a tutti. È solo un attimo, poi il Settecento riparte senza un plissé, come dire: abbiamo scherzato, siamo i soliti violini in concerto. Ma se stanotte fate le ore piccole, almeno dalle parti di Mantova dove componeva Don Antonio, può darsi che a un certo punto sentiate gli uccelli cantare, e non cantano in coro: ognuno ha il suo discorso da fare. Buona primavera, che il caos ce la mandi abbastanza buona anche stavolta.


sabato, marzo 17, 2018

And the Auld Triangle went jingle-jangle

Quando ascolti The Auld Triangle, o The Royal Canal, o come vuoi chiamarla, ti è facile commuoverti pensando a prigionieri politici irlandesi torturati con questo triangolo che suona a ogni ora e non li lascia dormire. In qualche prigione inglese. Maledetti inglesi.



In realtà la canzone compare per la prima volta in un dramma del 1954 di Brendan Behan, The Quare Fellow, ambientata nella Mountjoy Prison di Dublino. È vero che Behan ci era entrato perché affiliato all'IRA – è vero che a 16 anni lo avevano beccato in Inghilterra con gli esplosivi – ma alla Mountjoy ci finì qualche anno più tardi perché aveva tentato di assassinare due poliziotti della Repubblica. Sono gli irlandesi che si torturano in questa canzone. A Mountjoy furono impiccati 22 condannati per vari reati, tra cui una donna: venivano sepolti nel cortile, in tombe anonime. Il "Quare Fellow" del dramma in italiano è stato tradotto lo "strano compagno", ma "quare" è una pronuncia irlandese per "queer". Anche nello Stato Libero, anche nella Repubblica, l'omosessualità restava un reato.

Behan proviene da una famiglia di musicisti e repubblicani (qualche suo zio ha anche scritto l'inno nazionale) ma non si è mai attribuito la paternità della canzone. L'ha scritta un suo amico, dice. È una canzone che parla di come i suoni possono allietarti ma anche torturarti: topi che squittiscono, gabbiani che ti fanno pensare al mare la fuori, e quel maledetto triangolo. (Esiste ancora. Pare che ci abbiano messo il feltro).