"Se riprendiamo qui la parola, è […] per indicare, comunque, il punto ultimo dell'accorta poetica di Gozzano, o, se si preferisce, della sua perfidia. Si tratta, per così dire, di quella sua poetica, non teorizzata, ma tutta di fatto operante, dell'obsolescenza (che è già parola obsoleta, ma così conviene che sia, all'interno del ragionamento). Gozzano fu il primo ad accorgersi, oltre che di tante altre cose, anche di questa, e capitalissima: che "un libro di rima dilegua, passa, non dura"; che i versi "invecchiano prima di noi"; che ammutiscono anche "gli eroi più cari". I più disperati, i più eversivi tra i suoi colleghi, i più severamente diagnostici, per sospettosi e inquieti che fossero, all'exegi monumentum, bene o male, avevano prestato fede. Non parliamo di D'Annunzio o di Pascoli, che paure di quest'ordine non sapevano proprio che si potessero provare, e che rinforzavano la voce, ciascuno sul proprio tono, per coprire ogni sinistro scricchiolìo, senza nemmeno accorgersi che lo facevano, in realtà, appunto a questo inconscio fine: il riflesso difensivo, in simili casi, era tutto meccanico e istintivo. Si allude qui, piuttosto, ai futuristi nostrani stessi, che la frana della poesia se la sono sentita arrivare tutta addosso, ma che hanno sudato quello che hanno sudato per esorcizzarla, sforzandosi di diventare quello che erano: la loro politica, si sa, fu quella del monumento autre, come si sarebbe detto qualche anno fa, in forza della quale si interiorizza tutto il sistema della moda, e si fa virtù del principio del consumo. Non c'è bisogno di qualificarli baratti e gazzettieri delle belle lettere, e nemmeno fascisti, se si desidera non offendere nessuno, e rimanere in pace con tutti. È sufficiente riconoscere in costoro, come i portatori dell'apologia diretta dell'imperialismo (all'italiana), così i profeti della civiltà dello spreco poetico. Oggi che la morale letteraria non si scrive più, o si scrive male, non è il caso di fare i moralisti. Si osserva soltanto che il loro consumo è avvenuto esattamente nei modi e nelle forme che invocavano, e fu portato sino in fondo, a tutti i libelli ("ci gettino pure nel cestino, come manoscritti inutili", Marinetti): un consumo più duraturo del bronzo".
(Il brano più interessante di ES sui futuristi è in un saggio sui crepuscolari: l'introduzione alle Poesie di Gozzano, Einaudi '73. Gozzano tirava fuori a Sanguineti il meglio, o viceversa).
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