Una settimana fa (ma l'articolo è di oggi) Scalfari ha chiesto ai candidati alle Primarie - qualora nessuno di loro raggiungesse il 50% - di far confluire i loro voti su quello dei tre che avrà raggiunto la maggioranza relativa.
Secondo Costa si trattava di una "polpetta avvelenata", "un appello al voto utile, a vantaggio di Dario Franceschini". Ecco, io credo che Scalfari abbia senz'altro molti difetti, però non avvelena le polpette. Non è il suo stile, non lo è mai stato. Se vuole dire una cosa, la dice. La ribadisce anche su quattro colonne, non gli mancano né lo spazio, né il tempo, né l'eloquenza. Se voleva fare un appello al voto utile, avrebbe fatto un appello al voto utile. Se avesse voluto che i suoi elettori votassero compatti Franceschini, avrebbe scritto: voto Franceschini, fatelo anche voi. Perché è un giornalista, Scalfari, e anche quando scrive le sue opinioni le tratta da informazioni: pensa una cosa? La scrive. Non scrive X per intendere Y, non manda W a dire a Z che J parla molto male di K. Questo paradossalmente lo rende forse poco comprensibile ai commentatori che sono ormai abituati ad applicare un codice cifrato a qualsiasi cosa. Scalfari non cifra un bel niente. Secondo me anche Costa lo sa, però su Giornalettismo ha scritto che Sc. vota per Fr. così forse il lettore di G. voterà per M.
Quello che premeva a Scalfari era informare di una cosa: c'è una falla nello statuto del Pd che di fatto consentirebbe a un candidato di diventare segretario anche se arrivasse secondo o terzo alle Primarie. "Non ci voleva Eugenio Scalfari per spiegar[lo] ai tre candidati", dice Costa. A loro no: al grande pubblico sì. Ora lo sappiamo. Sappiamo anche che Bersani e Franceschini hanno garantito che non lasceranno che accada questo guaio. Bene così; se lo avesse dichiarato formalmente anche Marino sarebbe stato ancora meglio. E' vero che lo statuto del Partito non lo chiede, ma al di là di ogni regola c'è il buon senso, e basta un minimo di buon senso per capire che se Franceschini prendesse meno voti di Bersani e diventasse segretario, sarebbe un segretario zoppo pronto a cadere alla prima difficoltà.
Io non sono ancora sicuro di chi voterò alle Primarie. Il mio voto Marino se lo meriterebbe senz'altro; ma non vorrei che servisse a un simile gioco di sponda. Se vincesse Franceschini non sarebbe una tragedia: purché vincesse con i voti suoi, non con quelli di Marino. Per questo mi piacerebbe un'assicurazione da Marino in questo senso. Proprio perché stavolta non vorrei limitarmi a dare un voto utile.
Invece Scalfari ha dato un bell'assist a Bersani.
RispondiEliminaGli anti-Bersani si divideranno tra Franceschini e Marino, e Bersani ha ora la segreteria già in tasca. E' diventato inutile persino andare a votare...
Mah, avete tutti l'aria di saperla più lunga.
RispondiEliminaLa cosa che ti sfugge è che chiunque vinca le primarie senza il 51 per cento non potrà diventare segretario "con i voti suoi". Gli serviranno i voti di qualcun altro per arrivare al 51 per cento. E tutti i tre candidati hanno chiaro che chi vince le primarie è segretario, molto prima che lo dicesse Scalfari: davvero, le città italiane sono tappezzate di "il 25 ottobre scegli tu il segretario", al Pd non saranno delle cime ma sanno cos'è la politica, non sono pazzi fino a questo punto e certo non lo è Marino. Lo stesso Marino lo ha detto, in risposta a Scalfari, se è questa la rassicurazione che cerchi: "Quella per cui chi prende più voti sarà segretario è un'ovvietà che non avrebbe nemmeno dovuto essere sottolineata". Ciao.
RispondiEliminaEra un'ovvietà, ma non era stata detta da nessuna parte.
RispondiEliminaSarà anche stata colta da tutti, ma se penso alle persone che conosco che andranno alle primarie (es. i miei genitori, il fornaio, ecc.) non mi pare che ci fosse tutta questa informazione. Marino non dovrebbe aver paura di comunicare le cose scontate: non siamo tutti su internet da mane e sera (io sì, ma non siamo tutti così).
Se è così tanto un'ovvietà, come mai non sta scritto nello statuto?
RispondiEliminaQuello che premeva a Marino credo fosse il principio che le regole non si fanno a metà della competizione.
Andrea