Il generale Clark, quello che comandava la V° armata, che risalì l’Italia durante la seconda guerra mondiale, aveva una mappa sbagliata della zona di Cassino. Cioè: non sbagliata per sbaglio, sbagliata apposta. L’aveva falsificata Paolo Baffi, futuro governatore della Banca d’Italia e allora ufficiale dell’esercito italiano, scambiando i nomi di due fiumi. Non si sa come, la mappa fu fatta arrivare nelle mani degli americani. Il risultato fu che quello che doveva essere un rigagnolo da attraversare a piedi, con lo zaino in spalla e le armi tenute sulle braccia alzate, si rivelò un fiume. Ma siccome sulla mappa c’era scritto che si trattava di un rigagnolo e l’ordine era di attraversarlo a quel modo, gli americani ci provarono lo stesso. Annegarono in 1600. Si fa fatica a credere, lo so. Sembra un film satirico dei più grotteschi e ideologici, di quelli che battono sull’ontologica ottusità dei militari, epperò c’è chi giura che fu realtà.
Ma il problema non è questo: se il nemico riesce a farti avere false informazioni può essere la sua abilità e non la tua dabbenaggine ad essere grandiosa. Se un comandante esegue gli ordini ottusamente può essere un problema individuale. Se in 1600 lo seguono può essere la logica della guerra, chissà. Il problema fu che dopo quell’evento il generale Clark diede ordine di provarci ancora allo stesso modo. E quando qualcuno gli fece notare che forse in quella mappa c’era qualcosa che non andava la sua risposta fu “Shut up”. Così almeno sta scritto oggi sul Corriere, con tanto di testimoni della vicenda storica.
E sarebbe stata una splendida vignetta per la Storia d’Italia a fumetti. Clark che dice “Shut up” a un suo ufficiale è una di quelle che non ti dimentichi più. La colpa della sua assenza ovviamente non può essere ascritta al povero Biagi, che è morto qualche giorno prima che la vicenda comparisse sui media. Ma forse sì. Perchè ho il sospetto che anche se la cosa fosse stata resa nota qualche decennio fa, sarebbe stata omessa ugualmente la sua illustrazione. E questo perché, e qui proseguo coi sospetti, sono convinto che a ben cercare nelle biografie dei generali, si salverebbero veramente in pochi.
Ma il generale è la grande Storia, è Napoleone seduto a cavallo, è lo spirito del mondo hegeliano. Ed è precisamente quello che, con squisito manicheismo hollywoodiano, Storia d’Italia a fumetti ha rappresentato nelle sue tavole. Come ci ricorda Kundera, quando Napoleone sale a cavallo i riflettori sono accesi su di lui e i cronisti stanno lì sotto a prendere appunti, quando inciampa o dice una scemenza i riflettori si spengono e i cronisti sono girati dall’altra parte. Della seconda guerra mondiale Enzo Biagi ci lascia un Eisenhower che dice “Full victory, nothing else” al soldato che, prima del D Day, gli chiede cosa si aspetti da loro. E il paradosso è che per avere un'idea più realistica di cosa fu il D Day abbiamo dovuto aspettare il più hollywoodiano dei registi, Spielberg, con la famosa prima mezz'ora di Salvate il soldato Ryan.
Storia d’Italia a fumetti mi evoca emozioni forti solo a citarne il nome. Ieri ho scoperto in libreria la nuova Storia del Mondo a Fumetti di Enzo Biagi e non vedo l’ora di comprarla. Ma sono consapevole che occorrerebbe anche qualcosa tipo “L’Altra Storia del Mondo a fumetti”. Quella a riflettori spenti. Enzo Biagi non avrebbe potuto scriverla neanche quand’era in forma. Spero nei Monty Python.
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