martedì, agosto 08, 2006

Il signor Buenaventura


L’ 8 agosto di settanta anni fa arriva in Spagna Simone Weil; si aggrega alla colonna di Buenaventura Durruti che opera in Aragona. Annoterà le sue esperienze in un diario o le riporterà nelle lettere. In una di queste scrive: "Impossibile raccontarti la quantità di cose interessanti che ci sarebbero da raccontare. Vale veramente la pena poter vedere Durruti proclamare la messa in comune delle grandi proprietà in questi miseri villaggi aragonesi. Vecchi contadini piangono d'emozione...".

Comandante di una colonna senza comandanti e senza ufficiali che porta il suo nome, della quale è formalmente solo il delegato (delega revocabile dalla base in qualsiasi momento), Durruti ne rifiuta la militarizzazione “miliziani sì, soldati mai” e critica la deriva burocratica della CNT.

Rivoluzionario da giovanissima età, passato per innumerevoli carceri, espulso da otto paesi, tre volte condannato a morte: in Spagna, in Cile, in Argentina, morirà invece in circostanze mai del tutto chiarite sul fronte di Madrid
Ricardo Castro, un testimone oculare, lo ricorda così: "Era una cosa incredibile; non possedeva niente, assolutamente niente. Tutto ciò che aveva apparteneva a tutti. Quando morì, mi misi alla ricerca di qualche abito, col quale lo potessimo seppellire. Alla fine trovammo una vecchia giacca di cuoio, che era tutta consunta, un paio di calzoni color cachi e un paio di scarpe bucate. Insomma, era un uomo che dava via tutto; di suo non aveva neppure un bottone. Non aveva proprio niente".

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