Uno dei motivi per cui amo la Leggenda del Piave è questa fenomenale sequenza di Don Camillo e l'Onorevole Peppone.
Dove tutto è straordinariamente più complesso di quanto non appaia a prima vista. Non solo la pellicola rende molto più poetici e umani i bozzetti propagandistici di Guareschi (questo a ben vedere accade in tutti i film di Cervi e Fernandel, coproduzioni italo-francesi), ma carica le azioni e le reazioni dei due protagonisti all'inverosimile.
In superficie abbiamo un semplice episodio di guerriglia elettorale: Peppone attacca un discorso pacifista, Don Camillo compie un puro atto di disturbo un po' situazionista (mette su il Piave), Peppone perde il filo.
In controluce c'è una riflessione sulla retorica, che ha un senso storico ben preciso: Peppone e Camillo sono nati e cresciuti nell'ombra della propaganda patriottica e fascista. Poi hanno preso strade diverse, ma le canzoni studiate nella scuola elementare gentiliana sono rimaste lì: gracchiano in loop nel giradischi della coscienza. Basta rimettere su la base, e Peppone pacifista risponde a uno stimolo pavloviano: si trasforma in suo padre, lo sentiamo distintamente dire “noi, ragazzi del '99”.
La piazza è lì sotto, pronta a scappellarsi e ad applaudire qualsiasi cosa: la piazza non si è nemmeno accorta che Peppone, come gli antichi sofisti, ha cominciato a lodare la pace e ha terminato con una chiamata alle armi. La piazza non ha nemmeno ricordi, reagisce alla marcetta del Piave come a uno stimolo subliminale. Ma quel che più mi diverte è che, se guardate bene, Camillo risponde allo stesso istinto: si lascia commuovere dalla solita sequela di citazioni, i sacri confini, l'anima oltre l'ostacolo, il Monte Grappa il Carso il Piave! e quando Peppone lo chiama si mette all'attenti e dice: Presente! Di fronte ai ricordi della passata grandezza non c'è situazionismo ironico che regga: Camillo diventa vittima del suo stesso inganno, come il professore dell'Onda. E la lezione in effetti è la stessa: il fascismo è annidato in ciascuno di noi, nel sindaco comunista come nel prete, e per attivarlo è sufficiente un nonnulla. Una marcetta un po' marziale, qualche nostalgia per i discorsi dei vecchi maestri, il fascismo puoi fartelo in casa: ricetta semplice e genuina.
Veramente la sequenza del Piave e della commozione di Peppone è diversa come sigificato...Nei romanzi di Guareschi e nei film, si sa che sia Giuseppe Bottazzi che Don Camillo sono nati nel 1899, e durante la PrimaGuerra erano già grandi, tanto da combattere insieme ed entrambi furono dopo insigniti di medaglia d'argento al valor militare.. Camillo era cappellano militare, Peppone caporale; infatti in un'altra sequenza mi pare di un altro film (ora non rammento quale) Camillo mostra a Peppone una foto di una Messa al campo nelle trincee sul Carso, in cui Camillo celebra e Peppone in divisa fa da chierichetto. Con l'avvento del Fascismo i due erano abbondantemente adulti e vaccinati, e combatterono insieme in montagna come partigiani. Nei libri e nei film ci sono parecchi riferimenti a questo; il mitra che Camillo tiene nascosto nella cassetta di legno sul campanile, il ponte da far saltare, il carroarmato nascosto nel covone di fieno, i feriti curati nella cappella di montagna di Camillo, Paolo Stoppa camicia nera che torna a Brescello e sia Peppone che Don Camillo gli fanno bere quell'olio di ricino che lui aveva fatto bere a loro...Appena mi sentirò meglio, ti darò tutti i riferimenti sia bibliografici che cinematografici. :-*
RispondiEliminaNon c'è bisogno, mi fido!
RispondiEliminaIn effetti ho fatto male i calcoli, Peppone è un 50enne che può benissimo essere nato nel '99. L'olio di ricino e la Resistenza me li ricordavo, ma la trincea me l'ero persa.
In realtà questo post è sbagliato dall'inizio:
RispondiEliminaridurre i personaggi di Guareschi in bozzetti
propagandistici è molto, molto limitante.
va bene, Guareschi era reazionario e democristiano, ma qualche passo in avanti si può anche fare (sull'interpretazione della scena ha già detto bene Mitì).
Giuliano