venerdì, luglio 31, 2009
giovedì, luglio 30, 2009
Letizia chi?
Alla Coop la Moratti gli fa 'na sega: è dal 1° gennaio 2009 che non vendono alcolici ai minori di 18 anni. O almeno così dichiarano.
Ma perchè con le polemiche furenti di questi giorni nessuno li ha interpellati? Dire che i cartelli sono ancora fuori, giuro. Ma soprattutto: come fa coop a rifiutarsi di vendere alcolici ai minori di 18 anni se la legge dice 16? Ma sono l'unico a domandarselo?
mercoledì, luglio 29, 2009
Oltre l'orizzonte della cazzata
Io non ho molto tempo per seguire l'inchiesta del Foglio su Ignazio Marino, ma volevo appuntarmi questa frase di Ferrara che segna secondo me il point of no return della cazzata; la cazzata dopo la quale egli non potrà mai più dire qualcosa di anche minimamente intelligente o dotato di senso. Neanche una cosa del tipo: "Toh, piove": no, secondo me ogni volta che Ferrara dirà piove, da qui in poi, ci sarà un sole che spacca le pietre:
Ma perché non ci scrive un libro. Contro La Sanità, questo sistema criminale che pretende di curarci i dolori mediante la bieca somministrazione di farmaci. Ivan Illich, spostati, schiacciati al muro, qui arriva Giuliano Ferrara.
I medici che fanno politica... (blablablà per dieci righe) meritano... (blablablà) che si racconti la loro parabola (blablablà) facendo essi parte di un sistema, la sanità, che andrebbe annoverato tra i sistemi criminali da smantellare al pari della mafia, della camorra e della ndrangheta.Un sistema, capite, la sanità, criminale: al pari della mafia, della camorra e giustamente, perché tante volte ci si dimentica la cenerentola del narcotraffico, la nostra amica ndrangheta. Ma volete mettere queste criminalità con la terribile Sanità, che ogni anno produce fantastiliardi di morti? Mica solo gli aborti, eh, vogliamo parlare di quelli che entrano per curarsi un banalissimo tumore e non ne escono vivi, vergogna? Che uno dice ma cosa ti avrà fatto la Sanità, Giuliano Ferrara? Quali terribili dolori ti avrà inflitto? Ti ha curato il diabete? L'ipertensione? Eh beh, tremendo, mi rendo conto, normale che uno poi passi una vita intera a superare lo choc.
Ma perché non ci scrive un libro. Contro La Sanità, questo sistema criminale che pretende di curarci i dolori mediante la bieca somministrazione di farmaci. Ivan Illich, spostati, schiacciati al muro, qui arriva Giuliano Ferrara.
lunedì, luglio 27, 2009
Infinite Jest
La puntata di Blob andata in onda sabato scorso mi sembra definitiva. Nel senso che, per quel che mi riguarda, non ha senso fare altre puntate di Blob. Ma più in generale, può darsi che non valga la pena fare televisione, il piccolo schermo avendo ormai realizzato quello per cui era stato inventato, la quarta parete ormai esplosa sotto il carico di quello che in questo video emerge prepotende (scusate, è difficile scrivere sul blog mentre continuo a guardare la puntata di Blob andata in onda sabato scorso).
Sappiate che siete a un passo dall'armagheddon, o dal paradiso terrestre, le due cose insieme, e cliccate o non cliccate di conseguenza.
Le si vedono i brufoli persino ma è proprio questo il punto, la fine del patinato, l'inizio dell'ultracorporeo, da qui in poi solo il 3d potrà darci qualcosa in più ma ci conviene davvero, ha senso volere più chiappa di quella che ti ha dato Blob sabato scorso e adesso c'è persino sul sito (datemi solo un momento che devo ri-spingere play, è frustrante dover spingere play ogni 5 minuti e 32 sec) l'intrattenimento definitivo.
Ora io il link non so se darvelo. Non vorrei avervi sulla coscienza ma d'altronde se non sarò io arriverà qualcun altro, allora fatemi almeno fare il cavaliere dell'apocalisse, oppure no, ma quando vi arriverà una mail
Un tuo amico ti segnala:
Sabato 25 Luglio - Blob
su Rai.tv
Sabato 25 Luglio - Blob
su Rai.tv
A 4:54 trascina un'orca gonfiabile, cos'avrà voluto dir
venerdì, luglio 24, 2009
A Luca, che mi ha dato dello scemo
Non penso di essere scemo, però a volte mi piace fare il cretino, non dico di no. E' una cosa che sui blog a volte si fa.
Secondo me io ho capito benissimo quello che intendevi in questo pezzo. Non c'è un fraintendimento. Non c'è nemmeno un desiderio di fare una "demagogica pagliacciata", su Piste poi. C'era semplicemente la voglia di prenderti un po' per il culo per una cosa che hai scritto, che ho capito direi benissimo, ma non condivido. Per motivi che non ho perso tempo a spiegare perché mi sembrano chiari, e secondo me li immagini anche tu.
Rientra nel genere "presa per il culo" anche la necessità di estremizzare il tuo ragionamento, anche se a te non piace che si faccia: oltre a essere un'esigenza della parodia, è anche un esercizio intellettuale: andare a vedere dove tirano i fili dei ragionamenti che facciamo, per scoprire che a volte s'ingarbugliano intorno a problemi molto più vasti. Il buon senso, per esempio. A chi non piace mostrarne un po'. Ma il buon senso è un principio fondamentalmente reazionario. Ci aiuta a preservarci, e in generale a preservare la nicchia in cui ci ritroviamo. Chiunque non si ritrovi bene nella nicchia, gladiatori incazzati, vecchiette stanche, studenti incoscienti, giornalisti che si ostinano a documentare la sessualità anomala del premier, troveranno sempre qualcuno che li accusa di andare contro il buon senso dei tempi. Quel qualcuno non vorrei essere io e non vorrei nemmeno che fossi tu, perché ci meritiamo di meglio.
Poi sì, non tutti i commenti erano all'altezza del post, e il post stesso era semplicemente una presa per il culo. Demagogica? Beh, in effetti il tiro a Luca è uno sport molto popolare in questi tempi. Ma credo sia l'altra faccia della medaglia di stare ai primi posti di una classifica.
Secondo me io ho capito benissimo quello che intendevi in questo pezzo. Non c'è un fraintendimento. Non c'è nemmeno un desiderio di fare una "demagogica pagliacciata", su Piste poi. C'era semplicemente la voglia di prenderti un po' per il culo per una cosa che hai scritto, che ho capito direi benissimo, ma non condivido. Per motivi che non ho perso tempo a spiegare perché mi sembrano chiari, e secondo me li immagini anche tu.
Rientra nel genere "presa per il culo" anche la necessità di estremizzare il tuo ragionamento, anche se a te non piace che si faccia: oltre a essere un'esigenza della parodia, è anche un esercizio intellettuale: andare a vedere dove tirano i fili dei ragionamenti che facciamo, per scoprire che a volte s'ingarbugliano intorno a problemi molto più vasti. Il buon senso, per esempio. A chi non piace mostrarne un po'. Ma il buon senso è un principio fondamentalmente reazionario. Ci aiuta a preservarci, e in generale a preservare la nicchia in cui ci ritroviamo. Chiunque non si ritrovi bene nella nicchia, gladiatori incazzati, vecchiette stanche, studenti incoscienti, giornalisti che si ostinano a documentare la sessualità anomala del premier, troveranno sempre qualcuno che li accusa di andare contro il buon senso dei tempi. Quel qualcuno non vorrei essere io e non vorrei nemmeno che fossi tu, perché ci meritiamo di meglio.
Poi sì, non tutti i commenti erano all'altezza del post, e il post stesso era semplicemente una presa per il culo. Demagogica? Beh, in effetti il tiro a Luca è uno sport molto popolare in questi tempi. Ma credo sia l'altra faccia della medaglia di stare ai primi posti di una classifica.
mercoledì, luglio 22, 2009
La Storia del mondo, se avessero dato retta più spesso a Luca Sofri
E mi sono detto, non è che questa escalation ha a che fare anche con la battaglia di informazione su Villa Certosa, le escort, eccetera? Non è che i giornali di opposizione stanno alzando il livello dello scontro, e la maggioranza risponde dichiarando lo stato di guerra, e ci andiamo di mezzo tutti?
73 avanti Cristo, Roma:
73 avanti Cristo, Roma:
SPARTACVS: Compagni gladiatori, ma insomma, che vita facciamo? Sgozzarci per il divertimento degli invasori? Ma ribelliamoci, piuttosto. Non abbiamo da perdere che le nostre catene. Io poi ho una certa esperienza militare, e secondo me se ci organizziamo un po' un paio di legioni le facciamo fuori, puntiamo verso la Gallia e poi...
LUCA SOFRI: Sì, però in questo modo, secondo me, tu autorizzi i Romani a darci la caccia come schiavi ribelli.
SPARTACVS: Beh, in effetti sì.
LUCA SOFRI: E se poi il Senato vota leggi più restrittive in materia di schiavi evasi, sarà anche un po' colpa tua che hai alzato il livello dello scontro, no?
SPARTACVS: Non ci avevo pensato. Ok, compagni, non se ne fa niente. Continuiamo a scannarci tra noi per un pezzo di pane.
1 dicembre 1955, su un autobus in Alabama:
CONDUCENTE: Insomma, vecchia negra, ti vuoi alzare? Quello è un posto riservato ai bianchi.
ROSA PARKS: Preferirei di no, sono un po' stanca.
CONDUCENTE (rivolto a Luca Sofri): Vede come fa? Questa negra mi fa impazzire.
LUCA SOFRI: Signora, senta, io capisco la stanchezza e la frustrazione e la necessità di una legislazione federale in materia di diritti civili, e tuttavia...
ROSA PARKS: Eh?
LUCA SOFRI: La invito a ragionare sul fatto che se lei insiste nella sua stanchezza probabilmente chiameranno i poliziotti, e poi ci saranno risse, il livello dello scontro si alzerà, e non è escluso che il Governatore dello Stato vari leggi segregazioniste ancora più restrittive. Non ci aveva pensato?
ROSA PARKS: In effetti no. Va bene, adesso mi alzo.
1 giugno 1989, Piazza Tienammen:
CONDUCENTE DEL CARRO ARMATO: Levati di mezzo, coglione! Stai alzando il livello dello scontro, non hai sentito Luca Sofri?
(Potrebbe andare avanti, ma anche no)
martedì, luglio 21, 2009
Pietà (Defarge)
Questa mattina sul sito di Repubblica è possibile scaricare le registrazioni di alcuni incontri tra Berlusoni e una prostituta. Lei si chiama Patrizia D'Addario e sta conducendo in porto una difficile operazione immobiliare.
I due trascorrono la notte delle elezioni americane insieme, nel "lettone di Putin", la donna ha molto caldo e fa un numero spropositato di docce. La mattina dopo, quando si salutano, lei è scontenta, lo racconta telefonicamente al maneggione che ha organizzato la cosa.
Lui le ha regalato una oggetto a forma di tartaruga e si è impegnato a mandare qualcuno a risolverle i problemi del cantiere. Le ha detto anche che la prossima volta farà venire un'amica per leccarla. Il suo, nell'universo della merce, è un immaginario dozzinale e onnipotente, ma si era parlato di una busta con 5000 euro, dice lei, che nessuno ha visto.
Quando più tardi la chiama per sentire se va tutto bene, riferendole del discorso che ha appena tenuto per l'inaugurazione di una mostra, Berlusconi la saluta dicendo "ciao tesoro" e la D'Addario risponde "ciao, un bacio". Le intercettazioni scaricabili dal sito di Repubblica si interrompono qui, con la risposta della prostituta, una risposta caratterizzata da un difetto di reciprocità.
L'intimità proposta dal Primo Ministro, che l'ha appena chiamata "tesoro", si schianta sul saluto anafettivo della donna, che lo liquida con un bacio. Agli atti della circolazione di calore manca qualcosa, qualcosa che è sfuggito al controllo dell'umanità incarnata e redenta da questi brutti anni di "Drive In".
Non so bene cosa sia, la chiamerei una sfumatura o una risonanza, una rifrazione di realtà che questa gente non ha potuto trasfigurare. Alla fine, ho avuto la sensazione che mi toccherà pure difenderlo dal mondo che ha fatto a sua immagine e somigliaza.
I due trascorrono la notte delle elezioni americane insieme, nel "lettone di Putin", la donna ha molto caldo e fa un numero spropositato di docce. La mattina dopo, quando si salutano, lei è scontenta, lo racconta telefonicamente al maneggione che ha organizzato la cosa.
Lui le ha regalato una oggetto a forma di tartaruga e si è impegnato a mandare qualcuno a risolverle i problemi del cantiere. Le ha detto anche che la prossima volta farà venire un'amica per leccarla. Il suo, nell'universo della merce, è un immaginario dozzinale e onnipotente, ma si era parlato di una busta con 5000 euro, dice lei, che nessuno ha visto.
Quando più tardi la chiama per sentire se va tutto bene, riferendole del discorso che ha appena tenuto per l'inaugurazione di una mostra, Berlusconi la saluta dicendo "ciao tesoro" e la D'Addario risponde "ciao, un bacio". Le intercettazioni scaricabili dal sito di Repubblica si interrompono qui, con la risposta della prostituta, una risposta caratterizzata da un difetto di reciprocità.
L'intimità proposta dal Primo Ministro, che l'ha appena chiamata "tesoro", si schianta sul saluto anafettivo della donna, che lo liquida con un bacio. Agli atti della circolazione di calore manca qualcosa, qualcosa che è sfuggito al controllo dell'umanità incarnata e redenta da questi brutti anni di "Drive In".
Non so bene cosa sia, la chiamerei una sfumatura o una risonanza, una rifrazione di realtà che questa gente non ha potuto trasfigurare. Alla fine, ho avuto la sensazione che mi toccherà pure difenderlo dal mondo che ha fatto a sua immagine e somigliaza.
La percezione del Brutto
Cos'è il Brutto, esattamente. Ecco.
Io poi all'estero questa famosa Nastro Azzurro non l'ho mai vista, ma l'ho cercata anche poco. In effetti uno dei motivi per andare all'estero è mettere centinaia di chilometri tra me e i locali dove servono la Nastro Azzurro. Secondo me negli Usa non si può nemmeno mettere nello scaffale delle birre: forse tra le beer flavoured mineral water, qualcosa così.
Messaggio allo studente di scienze della comunicazione che tra dieci mesi verrà qui a dirmi che non ha capito niente questo spot è geniale ci ha anche fatto una tesina sopra. Ti stanno fregando. Ribellati, schiavo. C'è più gusto ad essere intelligenti.
lunedì, luglio 20, 2009
venerdì, luglio 17, 2009
Il polso della situazione
"Uno quasi morì dopo essersi buscato i proiettili di un attentatore turco metà pazzo e metà furbissimo il cui braccio forse fu armato dal KGB, l'altro si è rotto il polso sciabattando in casa con le pantofole rosse. Forse è inciampato nelle pattine. Il destino si intuisce dalle piccole cose". (Paferrobyday)
giovedì, luglio 16, 2009
mercoledì, luglio 15, 2009
Non sia scampo all'odiato borghese
(Giusto per tenere un po' di compagnia agli operai del turno di giorno che all'una staccano e vanno subito a connettersi a Piste:)
martedì, luglio 14, 2009
lunedì, luglio 13, 2009
Poco ragionata (un’estemporanea risposta a Defarge)
Siccome defarge continua a non mettermi nella sua mailing list tocca rispondergli sul web. Velocemente, che è notte fonda.
Continua poi Defarge con alcuni passaggi che evidenziano i limiti delle rivendicazioni etiche noglobal:
Come ha già osservato livefast nei commenti, la tesi di Defarge è molto discutibile. La crisi, almeno per il momento, non basta a dimostrare che i “noglobal” avessero ragione e il sistema finanziario capitalista torto. L’opinione prevalente è che alla fin fine questa sia una crisi “qualitativamente” simile a tante altre, particolarmente a quella del 29, e che dunque sia più significativa solo per meri aspetti “quantitativi”. Tradotto in parole povere: passata la festa gabbato lu santo. Appena la bufera cesserà tutto tornerà come ai tempi belli (o brutti a seconda)
Continua poi Defarge con alcuni passaggi che evidenziano i limiti delle rivendicazioni etiche noglobal:
“(…) è necessario che qualche domanda i movimenti se la pongano. Il difetto principale dell'azione che hanno condotto negli ultimi dieci anni, forse, consiste nel ricorso sistematico alle semplificazioni dell'etica.”
“La contestazione della Banca Mondiale, del WTO, del G8 o del Fondo Monetario Internazionale si sarebbe dovuta esprimere nell'individuazione dei vari livelli decisionali sui quali avrebbero potuto agire le scelte dei singoli con il voto e le campagne di pressione. I noglobal, forse, si sono tenuti alla larga da questo lavoro di precisazione perché li avrebbe obbligati a compromettere le proprie istanze, inducendoli al passaggio dalla reazione etica all'azione politica”
“Ma a questo punto, allora, si tratta di ammettere che la sfera in cui queste cose cambiano è necessariamente la politica e che continuare a dissociarsene invocando più giustizia e moralità, quindi, è un atto di profonda ipocrisia.”
Mi ricorda abbastanza da vicino la tesi di Slavoj Zizek (Il superego di sinistra, Internazionale n.723 del 14/12/2007), che denuncia la politica di resistenza dei vari movimenti noglobal consistente nel bombardare lo stato con rivendicazioni impossibili fondate sulla dimensione etica di una “rivendicazione infinita” di giustizia. Lo stato liberaldemocratico di oggi e il sogno di una politica anarchica (Zizek usa questo termine in senso molto lato) “infinitamente rivendicativa” – sostiene il filosofo sloveno – si trovano in una relazione di reciproco parassitismo: gli anarchici si dedicano al pensiero etico e lo stato fa il lavoro di gestire e regolare la società. Nel criticare le tesi di un altro filosofo, Simon Critchley, secondo il quale la resistenza politica dell’anarchia non dovrebbe cercare di imitare e rispecchiare la violenta sovranità della ‘archia’ a cui si oppone, Zizek ci indica il suo modello: Chavez. Che invece di resistere al potere dello stato se ne è impossessato. E sai che novità (aggiungo io, non Zizek)
Defarge non giunge a conclusioni così chiare e nette ma parla di voto e campagne di pressione. Ora: cosa vuol dire il voto? Se vuol dire creare il partitino noglobal penso che la stessa Defarge possa immaginare gli esisti dell’operazione, che peraltro qualcuno ha tentato di fare. Se significa convincere tutti a votare, anche quelli che non votano, idem come sopra (a parte la difficoltà della cosa non sposterebbe quasi nulla in termini quantitativi). Passando poi alla pressione, qui cara Defarge lei sfonda porte aperte ma il problema è proprio sul come farla questa pressione.
No cari Defarge e Zizek, la lotta fatta con rivendicazioni etiche è proprio la novità principale che i movimenti “noglobal” hanno portato sulla scena. Combattere solo con queste può essere scomodo, lungo e difficile ma le scorciatoie che ci indicate voi ci portano più indietro – e molto - del punto di partenza.
mercoledì, luglio 08, 2009
Ragionata (Defarge)
Ricevo e volentieri pubblico
La crisi si vede a occhio nudo, senza bisogno di lenti speciali o di esperti. E' licenziamenti, riduzione della settimana di lavoro, cassintegrazione, chiusura delle fabbriche. Ha cause strutturali e morali - è stato detto - dipende dal funzionamento dei mercati e dal comportamento degli uomini. Degli uomini impiegati nei centri di comando, soprattutto, che dal 2001 sapevano tutto e non dicevano niente, badando solo ad arricchirsi. Solo che il difetto morale, al di là delle variabili psicologiche, era già inscritto nel dna della dottrina, in base alla quale sarebbero stati i mercati - e non gli uomini - a farsi la propria legge.
Ci fu un momento, in seguito alla caduta del muro di Berlino, in cui questo principio divenne universale. Anche i partiti di sinistra, per dire, si affrettarono a mercificare tutto: luce, acqua, gas, poste, trasporti pubblici. Lo fecero indirettamente, ma mercificarono pure la scuola (dirottando i finanziamenti sugli istituti privati), l'esercito (con il fenomeno dei mercenari) e la sanità (con l'affermazione del terzo settore, i tagli al sistema nazionale e la conseguente trasfusione dei pazienti, quando se lo fossero potuti permettere, nelle cliniche private). A tutto questo, ai prodotti della dottrina che ha cominciato a collassare con la crisi dei mutui subprime, negli Stati Uniti, l'opinione pubblica ha garantito un appoggio incondizionato. Ci fu un momento in cui tutti si misero a dire che il privato era meglio del pubblico e fu esattamente quello, nei pranzi di famiglia o al bar, il momento in cui ognuno si assunse le proprie responsabilità. Si enfatizzò il ruolo della società civile, senza rendersi conto che in assenza di comportamenti virtuosi, le società sono più incivili degli stati.
A opporsi furono davvero in pochi. Qualche partito comunista, che però non seppe emanciparsi dal proprio ruolo residuale, oppose alla nuova tendenza ideologica le parole di Marx, di Trotzkij o del subcomandante Marcos. Il movimento di Seattle e di Genova tentò di raccogliere l'eredità del movimento operaio e di fonderla con le nuove istanze della disobbedienza, del civismo e della teologia della liberazione.
Quei partiti residuali, oggi, sono stati espulsi dalle camere di rappresentanza, mentre ai noglobal è toccata una sorte più controversa. Avevano previsto tutto: la guerra, l'erosione della democrazia, la crisi. Avevano previsto che i mercati non si sarebbero fatti nessuna legge diversa dal profitto, che la meritocrazia e l'efficienza non erano altro che retoriche vuote, che i capitali avrebbe continuato ad accentrarsi, che la povertà si sarebbe diffusa e che il sistema finanziario sarebbe scoppiato. Ci sono i documenti, ci sono le analisi di personaggi contigui al movimento come Jean-Paul Fitoussi, Joseph Stiglitz, Ignacio Ramonet, Susan George e tanti altri. Eppure, capita nella storia che chi aveva ragione ottenga meno credito e seguito di chi aveva torto ed è necessario che qualche domanda i movimenti se la pongano. Il difetto principale dell'azione che hanno condotto negli ultimi dieci anni, forse, consiste nel ricorso sistematico alle semplificazioni dell'etica.
Il luddismo degli sfasciatori di bancomat e, sul versante opposto, il terzomondismo della componente cattolica si sono arrestati al sabotaggio e alla denuncia. Furono in tanti a diventare noglobal sull'onda della spettacolarizzazione del conflitto o delle campagne di cancellazione del debito, ma i noglobal non seppero trasformare questa materia di dissenso in consapevolezza e azione. L'idea che fosse criminale continuare ad affamare gli africani per poi rinchiuderli nei centri di permanenza doveva rappresentare un punto di partenza, per esempio, non un approdo. La contestazione della Banca Mondiale, del WTO, del G8 o del Fondo Monetario Internazionale si sarebbe dovuta esprimere nell'individuazione dei vari livelli decisionali sui quali avrebbero potuto agire le scelte dei singoli con il voto e le campagne di pressione. I noglobal, forse, si sono tenuti alla larga da questo lavoro di precisazione perché li avrebbe obbligati a compromettere le proprie istanze, inducendoli al passaggio dalla reazione etica all'azione politica.
E' ingiusto che il 20 percento della popolazione mondiale gestisca l'80 percento delle ricchezze, come si diceva nel 2001, che i prestiti internazionali vincolino i debitori a svendere le proprie fonti energetiche e a comperare l'acqua dalle multinazionali, che otto delinquenti si ritroviano annualmente a scattare qualche fotografia mentre gestiscono gli affari propri e di qualche mandante. E' tutto molto ingiusto, non c'è dubbio, e la crisi economica non è altro che il riflesso locale di questa ingiustizia complessiva. Ma a questo punto, allora, si tratta di ammettere che la sfera in cui queste cose cambiano è necessariamente la politica e che continuare a dissociarsene invocando più giustizia e moralità, quindi, è un atto di profonda ipocrisia. Oggi che tra i paesi sottosviluppati ci siamo anche noi tutto questo mi sembra più urgente, possibile e chiaro.
La crisi si vede a occhio nudo, senza bisogno di lenti speciali o di esperti. E' licenziamenti, riduzione della settimana di lavoro, cassintegrazione, chiusura delle fabbriche. Ha cause strutturali e morali - è stato detto - dipende dal funzionamento dei mercati e dal comportamento degli uomini. Degli uomini impiegati nei centri di comando, soprattutto, che dal 2001 sapevano tutto e non dicevano niente, badando solo ad arricchirsi. Solo che il difetto morale, al di là delle variabili psicologiche, era già inscritto nel dna della dottrina, in base alla quale sarebbero stati i mercati - e non gli uomini - a farsi la propria legge.
Ci fu un momento, in seguito alla caduta del muro di Berlino, in cui questo principio divenne universale. Anche i partiti di sinistra, per dire, si affrettarono a mercificare tutto: luce, acqua, gas, poste, trasporti pubblici. Lo fecero indirettamente, ma mercificarono pure la scuola (dirottando i finanziamenti sugli istituti privati), l'esercito (con il fenomeno dei mercenari) e la sanità (con l'affermazione del terzo settore, i tagli al sistema nazionale e la conseguente trasfusione dei pazienti, quando se lo fossero potuti permettere, nelle cliniche private). A tutto questo, ai prodotti della dottrina che ha cominciato a collassare con la crisi dei mutui subprime, negli Stati Uniti, l'opinione pubblica ha garantito un appoggio incondizionato. Ci fu un momento in cui tutti si misero a dire che il privato era meglio del pubblico e fu esattamente quello, nei pranzi di famiglia o al bar, il momento in cui ognuno si assunse le proprie responsabilità. Si enfatizzò il ruolo della società civile, senza rendersi conto che in assenza di comportamenti virtuosi, le società sono più incivili degli stati.
A opporsi furono davvero in pochi. Qualche partito comunista, che però non seppe emanciparsi dal proprio ruolo residuale, oppose alla nuova tendenza ideologica le parole di Marx, di Trotzkij o del subcomandante Marcos. Il movimento di Seattle e di Genova tentò di raccogliere l'eredità del movimento operaio e di fonderla con le nuove istanze della disobbedienza, del civismo e della teologia della liberazione.
Quei partiti residuali, oggi, sono stati espulsi dalle camere di rappresentanza, mentre ai noglobal è toccata una sorte più controversa. Avevano previsto tutto: la guerra, l'erosione della democrazia, la crisi. Avevano previsto che i mercati non si sarebbero fatti nessuna legge diversa dal profitto, che la meritocrazia e l'efficienza non erano altro che retoriche vuote, che i capitali avrebbe continuato ad accentrarsi, che la povertà si sarebbe diffusa e che il sistema finanziario sarebbe scoppiato. Ci sono i documenti, ci sono le analisi di personaggi contigui al movimento come Jean-Paul Fitoussi, Joseph Stiglitz, Ignacio Ramonet, Susan George e tanti altri. Eppure, capita nella storia che chi aveva ragione ottenga meno credito e seguito di chi aveva torto ed è necessario che qualche domanda i movimenti se la pongano. Il difetto principale dell'azione che hanno condotto negli ultimi dieci anni, forse, consiste nel ricorso sistematico alle semplificazioni dell'etica.
Il luddismo degli sfasciatori di bancomat e, sul versante opposto, il terzomondismo della componente cattolica si sono arrestati al sabotaggio e alla denuncia. Furono in tanti a diventare noglobal sull'onda della spettacolarizzazione del conflitto o delle campagne di cancellazione del debito, ma i noglobal non seppero trasformare questa materia di dissenso in consapevolezza e azione. L'idea che fosse criminale continuare ad affamare gli africani per poi rinchiuderli nei centri di permanenza doveva rappresentare un punto di partenza, per esempio, non un approdo. La contestazione della Banca Mondiale, del WTO, del G8 o del Fondo Monetario Internazionale si sarebbe dovuta esprimere nell'individuazione dei vari livelli decisionali sui quali avrebbero potuto agire le scelte dei singoli con il voto e le campagne di pressione. I noglobal, forse, si sono tenuti alla larga da questo lavoro di precisazione perché li avrebbe obbligati a compromettere le proprie istanze, inducendoli al passaggio dalla reazione etica all'azione politica.
E' ingiusto che il 20 percento della popolazione mondiale gestisca l'80 percento delle ricchezze, come si diceva nel 2001, che i prestiti internazionali vincolino i debitori a svendere le proprie fonti energetiche e a comperare l'acqua dalle multinazionali, che otto delinquenti si ritroviano annualmente a scattare qualche fotografia mentre gestiscono gli affari propri e di qualche mandante. E' tutto molto ingiusto, non c'è dubbio, e la crisi economica non è altro che il riflesso locale di questa ingiustizia complessiva. Ma a questo punto, allora, si tratta di ammettere che la sfera in cui queste cose cambiano è necessariamente la politica e che continuare a dissociarsene invocando più giustizia e moralità, quindi, è un atto di profonda ipocrisia. Oggi che tra i paesi sottosviluppati ci siamo anche noi tutto questo mi sembra più urgente, possibile e chiaro.
mercoledì, luglio 01, 2009
Farsene una ragione
«Io francamente non so più che dire.
Sto cercando di godermela. Riciclo, mangio a chilometro zero, firmo petizioni, supporto associazioni. Lavoro, pago le tasse. Ogni tanto mi concedo il lusso di un viaggio durante il quale mi servo soltanto di agenzie locali indipendenti. Risparmio per essere autonoma il più possibile in caso di licenziamento, malattia o calamità naturale, perché lo so che non ci sarà da contare sullo Stato, purtroppo. Se poi crepo, crepo. Parecchia gente che stimavo è già crepata, peraltro. Tanto la qualità della vita sul pianeta si sta deteriorando irrimediabilmente e in poche decine di anni la Terra sarà un inferno.
Insomma, me ne sono fatta una ragione.
Ma che non esista una alternativa etica e civile in cabina elettorale mi disturba lo stesso, scusate».
[grazie Garnant]
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