martedì, dicembre 09, 2008
C.C. Baxter e l'etica del lavoro
Ho letto su Wikipedia che la scena dell'ufficio nel film L'appartamento sarebbe un omaggio a King Vidor. Non conosco il film di Vidor ma ieri pomeriggio, mentre rivedevo per la centesima volta Jack Lemmon e Shirley MacLane cominciare quella partita a carte, commuovendomi come sempre, ho creduto di notare un nuovo dettaglio, forse non molto significativo, ma che mi confermava - semmai ce ne fosse ancora bisogno - la grandezza di questo film.
L'impiegato C.C. Baxter si muove in una griglia geometrica e precisa. La routine delle sue mansioni è scandita dai numeri, dal ritmo collettivo e dalla sua ossessione per le statistiche. I suoi movimenti e le sue promozioni sono allargamenti di spazio e spostamenti verticali di piano. Sarà un caso che il ruolo di Miss Kubelik sia quello di addetta agli ascensori?
Tutto questo movimento-lavoro è regolato, e forse anche permesso, dalla mancanza di etica. Il tradimento, l'ipocrisia, la complicità, la menzogna governano i rapporti tra Baxter e i rispettabili manager che utilizzano l'appartamento. L'ingranaggio è ben oliato e funziona a meraviglia, fino al parossismo della scena in cui i giorni prenotati sul calendario vengono scambiati in un furibondo giro di telefonate. Il sesso meccanico che avviene nell'appartamento, e a cui allude più di una volta il medico vicino di casa, è un riflesso di quell'ingranaggio.
Due azioni non rispettano la geometria pervasiva di questa vita: il tentativo di suicidio di Miss Kubelik, che si sente incapace di migliorare la propria condizione, e l'amore (dichiarato la prima volta "in contumacia") di Baxter, che non volendo prestare ancora una volta l'appartamento, preferisce licenziarsi.
Dunque, l'etica (o la disperata consapevolezza della mancanza di essa) sembra capace di contrapporsi e scardinare l'organizzazione del lavoro e del sesso così come la conosce il benestante uomo medio americano del 1960, anzi indicando un'ottimistica liberazione dal lavoro e aprendo nuovi giochi, come in quell'ultima storica battuta "fai le carte e dillo ancora".
E pensare che L'appartamento quell'anno vinse cinque Oscar, tra cui quelli per il miglior film e per il miglior regista.
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Bel film, bel post.
RispondiEliminagrazie :-)
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