Non sorprende che il concetto di lavoro nell’antichità avesse assunto il significato collaterale di sofferenza e infelicità (come in latino). La sofferenza della persona attiva in senso negativo è “vacillare sotto un carico gravoso” (laborare)
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Nei poemi omerici l’eroe Ulisse è orgoglioso di aver intagliato da solo il letto nunziale. Non l’attività in quanto tale era disonorevole, e neppure il lavoro manuale, ma la sottomissione dell’uomo ad altri uomini o a una “professione”
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Fu il cristianesimo a ridefinire per la prima volta in senso positivo il significato negativo dell’astrazione “lavoro”, e in modo del tutto paradossale, cioè come sofferenza e infelicità! Ovvero: se la sofferenza del Cristo sulla croce ha redento l’umanità dai suoi peccati terreni allora la fede esige “l’imitazione di Cristo”. Questo significa farsi carico gioisamente e spontaneamente della sofferenza. Con questo genere di fede masochista nella sofferenza positiva, il cristianesimo nobilitava anche il lavoro come obiettivo desiderabile, nello stesso senso in cui occasionalmente ci si flagellava in estasi ascetica.
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Fu solo il protestantesimo, particolaremente nella sua forma calvinista che, a partire dal XVI secolo, rese il masochismo cristiano della sofferenza del lavoro un elemento di questo mondo; il credente non doveva più (meno che mai per guadagnare soldi) assumere su di sé le sofferenze del lavoro come “servo di Dio” nella solitudine del chiostro, ma lo doveva fare per ottenere successo nella società terrena e proprio in questo modo dimostrare di essere “eletto” da Dio! Ma naturalmente egli non poteva assolutamente godere dei frutti del successo per non perdere la grazia divina dell’imitazione di Cristo.
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In questa singolare combinazione tra un mesto scopo ultraterreno con un altrettanto mesto scopo di questo mondo sorgeva l’ancor più mesta mentalità moderna del lavoro- il lavoro come una specie di disturbo comportamentale.
Robert Kurz – La dittatura del tempo astratto
Carina 'sta roba che linki. Solo che più che analisi storica sembra patafisica.
RispondiEliminaCra', che due maroni.
RispondiEliminaPer una volta son d'accordo con Leo: se non c'hai voglia di lavorare bastava dirlo, senza risalire a Omero.
RispondiEliminamoggi e prodi, quelli sono interessanti
RispondiEliminacerto che ulisse poi, presumibilmente, a raccogliere le ulive e zappare i campi c'avea gli schiavi...
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