sabato, dicembre 30, 2006

Capodanno col brindisi


Certo, per decenni ho sostenuto anch’io che “l’antiamericanismo non esiste” ma – ovvio - da qualche anno a questa parte tutto è cambiato. All’inizio, lo ammetto, ero tra quelli che pensavano che lo scontro di civiltà fosse una bufala buona per creare posti di lavoro nei settori della saggistica e della politologia. Tutta una serie di eventi accaduti dopo il fatidico 11/9 hanno però messo in crisi questa mia convinzione e dopo i risultati delle ultime presidenziali Usa mi sono dovuto definitivamente arrendere: lo scontro di civiltà c’è eccome. Dunque, come tutti, anch’io ho dovuto fare una scelta di campo: o con l’America o con l’Occidente. Va da sé che ho scelto l’occidente (sarà stato il prolungato invio di appelli di Amnesty International negli angoli più sperduti del pianeta o i film dei Monty Python, chissà). E di conseguenza sono finalmente diventato antiamericano. Certo, per cultura ho una certa diffidenza nei confronti delle generalizzazioni. Come si fa a definirsi antiamericani quando molti abitanti di quel paese stanno dalla nostra parte, cioè di noi filo-occidentali-e-quindi-anti-americani ? Ma siccome sono anni che tutti mi spiegano che sono le maggioranze a vincere e contare, ebbene chi sono io per rifiutare sempre ostinatamente questo principio così universalmente condiviso ? Lo accetto: sono antiamericano.

Tutta la manfrina per dire che per noi antiamericani questa decisione di inviare più soldati in Iraq merita integralmente lo spumante di capodanno. Erano mesi che speravo in una cosa del genere: in un colpo solo ci togliamo dai coglioni ancora più militari e ancora più jihadisti. Praticamente una delle maggiori operazioni darwiniane di miglioramento della specie delle ultime decadi.

Come scrive Christian Rocca citando un analista militare: 40 mila uomini in più potranno fare la differenza, ma soltanto se avranno una missione chiara, strumenti adeguati, un approccio di “tolleranza zero” e se i politici a Washington saranno in grado di sostenere queste dure operazioni militari senza esitazioni di fronte alle prevedibili critiche della stampa e al probabile aumento delle vittime.
Insomma: se non sei un civile iracheno la cosa rasenta la perfezione.

Allo stesso tempo muove una riflessione: tutte le volte che l’idiozia umana supera un certo livello la mano invisibile dell’istinto di autoconservazione della razza riequilibra un po’ le cose. Adesso però è tempo di mettere in campo anche la mano visibile del genere umano: col 2007 parta subito la campagna per un terzo mandato a George Dabliù

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