Io Lapo Elkann, forse non è il momento giusto per dirlo, ma non l'ho mai capito veramente.
Io che forse mi sbaglio (anzi senz'altro), ma avevo sempre pensato di vivere in un mondo post-logo. Riassunto delle ultime puntate: nei globalizzati anni '80 riuscire a fornire prodotti qualitativamente più elevati alla concorrenza è sempre più difficile. I pubblicitari non hanno più le famose "reason why" su cui imbastire i loro slogan, e devono lavorare d'immaginazione. Il cliente non deve più 'preferire' un brand sulla base di valutazioni oggettive: deve amarlo. Deve riconoscere il logo e portarlo con orgoglio su di sé. Il logo diventa stile di vita, sistema di riconoscimento, religione. Con risultati spettacolari e cascami surreali: i ragazzini che staccano i "mirini" delle Mercedes e li appendono allo zainetto.
La cosa funziona per… una decina d'anni, diciamo, a cavallo del 1990, e poi le cose cambiano. Cambiano perché devono cambiare: la moda ha i suoi ritmi irrazionali, ma regolari. Cambiano perché nella libera società dei consumi tutto tende alla saturazione, per cui se nel 1985 gli scaffali erano ormai pieni di tanti prodotti tutti uguali, nel 1995 le vetrine sono piene di tanti loghi tutti fighi, e siamo al punto di partenza. Peraltro, insistere nel branding in un Occidente dove la forbice sociale torna ad allargarsi rischia di essere un boomerang: perché nessuno vuole essere "figo" più di un poveretto: e quando tutti i poveretti indossano un logo figo… quel logo non è più figo, è da poveretti. (Se girate per Parigi con una Lacoste, vi prendono per un magrebino. Se girate con una felpa fiat... non lo so, provateci).
A quel punto i loghi iniziano a rimpicciolirsi – la Nike si riduce a uno sbaffo minimo – quando esce "No Logo", non è che tutti si precipitino a comprarlo, ma alla fine è come se l'avessero letto tutti. Anche chi non si mette a spaccare le vetrine in centro, cerca comunque loghi meno sfacciati. È un'inversione di tendenza che abbiamo sentito tutti – a parte forse i fanatici della Apple; ma quella è la nicchia che conferma il mainstream.
Finché un bel giorno non arriva Lapo Elkann e ti piazza un logo grosso tutta la felpa, e a questo punto le opzioni sono due: o è un genio, avanti di 10 anni su tutta la baracca, o è un ragazzino sballinato che non conosce i fondamentali del suo mestiere. Chi può dirlo?
In seguito alcune dichiarazioni hanno fatto penzolare la bilancia. "La Fiat deve tornare a essere una macchina figa": siamo nel revisionismo storico. La Fiat non è mai, mai stata figa, perlomeno dal dopoguerra in poi. Magari poteva essere (con qualche sforzo) simpatica. Proletaria. Di culto. Trash, quel che vi pare; ma nessuno si è mai sentito figo a bordo di una Tipo o di una Croma – per non infierire su altri famigerati modelli di casa Lingotto. E gli amabili cinquantenni-e-qualcosa che continuano a menarsela con la loro prima pomiciata in Cinquecento (e votano leggi ambienticide in Parlamento), ebbene essi andrebbero semplicemente rinchiusi di nuovo in quella scatoletta e forzati a ripetere quei loro coiti maldestri fino a esaurimento della nostalgia. Va da sé che Lapo Elkann non ne ha nessuna colpa, ma le cose stanno semplicemente così: la Fiat non è figa. Ammetterlo sarebbe un buon punto di partenza.
"I giovani devono essere gasati a guidare Fiat": ma perché, poi. Sul serio: perché puntare sui giovani, che (1) in Italia sono statisticamente pochi,e (2) di quei pochi, molti la macchina non se la possono permettere, o perlomeno (3) non si possono permettere di sceglierla, e in ogni caso (4) il mercato dei giovinastri danarosi è già un aspro campo di battaglia tra contendenti, loro sì, veramente fighi (Mini, Smart…)? Da capo: o Lapo è un genio, e ha intravisto cose che io mortale non posso immaginare; o è uno sciocchino che vede intorno a sé solo ragazzini 'gasati' e 'fighi', e confonde il target di riferimento del brand Fiat col target di persone che vorrebbe vedersi intorno alle feste. Ma stiamo parlando davvero della persona che ha in mano l'immagine della Fiat? In questo caso, la cocaina sarebbe davvero l'ultimo dei nostri problemi. Poi, per carità, mi sembra giusto preoccuparsi per un giovane che ha pippato troppo e male. Ma anche per i dipendenti (indotto incluso) che nei prossimi mesi si pipperanno l'eventuale flop della Grande Punto.
La Grande Punto, col suo slogan ineffabile ("È arrivata, Punto": tot. 0 reasons why) è in sostanza una Punto più grande di quella che avevamo già (senza sentirci fighi). Proprio così: hanno preso un modello mediocre e l'hanno rifatto più grande. Che idea, eh? la prossima, magari la faranno più lenta, o più rumorosa, ci sono ancora tanti margini di miglioramento. È colpa di Lapo? Non credo. Credo che Lapo si trovi in un posto dove io mai vorrei trovarmi: a vender fumo, con la sua faccia, nella via dei rosticcieri. È l'altro lato di essere figli (o nipoti) di papà: quando tutto va male non puoi neanche licenziarti. E le figure di merda sono tutte tue.
Poi magari io non capisco niente, e lui è un genio. Lo spero tanto. Gli auguro di guarire e trovare il posto che fa per lui.
chapeaux al tuo post Leo. Io la mia idea su Lapo me la sono fatta, mi sa che non sia proprio un genio. ma magari mi sbaglio eh...
RispondiEliminae invece e' strano che non capiate... quadra tutto: cazzate markettare e coca. Quadra. Appena si disintossica si compra una Smart e torniamo tutti tranquilli.
RispondiEliminaleo tuttologo ha colpito ancora.
RispondiEliminaperò non ho capito: dopo tutta questa vicenda è lapo che verrà emarginato o trans e cocaina che sono state sdoganate?