giovedì, marzo 17, 2005

comunque vada, capolavoro

Guardate che non è uno scherzo: tra i mandolini e la pasta e tutti gli altri aspetti del carattere nazionale di cui si parlava un po' più sotto, le Beretta ci stanno di diritto.

Ogni tanto dovremmo anche guardarci in faccia e dircelo: siamo un popolo di navigatori e di armaioli. E anche il fascismo, in fondo, che cos'è. E' l'Ansaldo in pieno boom '15-'18 che cerca agganci a sinistra e salva il giornalino di Mussolini. Socialismo + arsenali industriali = Fascismo. E' un equazione come tante, valida come tante e meno di tante altre, ma teniamola in conto.

L'Italia, dal 1945 ad oggi, si è annualmente piazzata tra i primi dieci produttori di armamenti nel mondo; sono italiani i presidenti delle più importanti realtà armiere europee; un sostegno incondizionato all'industria non proviene da una sola fazione politica, ma coinvolge quasi tutto l'arco parlamentare; e, in epoca di grandi privatizzazioni, la massima parte della produzione di armamenti rimane, per il tramite di Finmeccanica, saldamente sotto il controllo dello Stato.


Questo per invitarvi naturalmente a comprare Armi d'Italia, che è appena uscito per Fazi ed è la più completa ed esaustiva inchiesta su una delle più fiorenti industrie italiane. Più che un'inchiesta, un trattato: direi che dopo averlo letto avete tutto quello che vi serve per essere pacifisti responsabili; sul serio, vi potete costituire in associazione pacifista praticamente da soli (scherzavo, non fatelo).

Questo non c'entra nulla col fatto che l'ha scritto anche Riccardo Bagnato, che è mio amico da tanto, scrive ormai dappertutto tranne qui, sì che avrebbe l'accredito. O, beh.

Altre cose dirò dopo averlo letto, ma potrebbero passare alcuni istanti. Per ora ho visto solo che inizia con... Renato Serra. Sei stato tu, vero?

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