Sugli unici due quotidiani
italiani che hanno un archivio storico online, La Stampa e L’Unità, il nome di
Lou Reed compare per la prima volta nel 1973, ad avventura coi Velvet
Underground già conclusa da quasi tre anni (il nome dei Velvet Underground,
pure, compare solo nel 1973, la prima volta sull’Unità). A segnare l’esordio è
un articolo di Lietta Tornabuoni sulla Stampa, intitolato “Le nuove mode d’America” .
Nel febbraio 1975 invece Lou Reed
arriva in Italia in carne, ossa e voce per una tournee di quattro tappe che
dovrebbe toccare, nell’ordine, Roma, Torino, Milano e Bologna. A fargli da
spalla, Angelo Branduardi. A Roma il concerto salta subito a causa di uno
sciopero del personale del Palasport. Si passa a Torino, dove Reed terrà la sua
prima e unica esibizione italiana di quella stagione, davanti a 3500 spettatori.
Lo aspettavamo in tenuta nazi, con occhiali neri, i capelli biondi cortissimi, lo sguardo alla McQueen e invece troviamo un ragazzetto tranquillo, ricciuto, che di profilo assomiglia a Capello, il giocatore della Juventus. (…) esecutore modesto ma seducente di ipnotiche « ballades » (Stampa Sera, 13/2/1975)
Il giorno dopo, a Milano, lo aspettano invece i situazionisti (la definizione è della Stampa, nda), che distribuiscono volantini contro l’organizzatore del concerto, David Zard, torturatore nelle forze di Moshe Dayan.
Dopo l'esibizione di Angelo
Branduardi, verso le 22, si è scatenato il finimondo. Gruppi di teppisti
con la faccia coperta da fazzoletti, armati di spranghe e bastoni, hanno invaso
sala e palcoscenico inveendo e colpendo all'impazzata; altri intanto lanciavano
bulloni, pietre, bottiglie, lattine di benzina, sacchi di plastica pieni di
liquidi vari, ed altri oggetti. Due persone ferite, impianti sonori spaccati,
sedie e scene devastate, strumenti musicali rotti. (La Stampa, 15/2/1975)
A Roma, dove si torna per
recuperare il concerto saltato, va peggio. Il gruppo radicale di Stampa
Alternativa incita alla disobbedienza civile al pagamento del biglietto e
distribuisce volantini contro “i padroncini della musica”. Ci sono tafferugli e
scontri già all’entrata, Branduardi inizia tra i fischi poi, quando sta per
salire Lou Reed, dall’alto delle gradinate comincia a piovere di tutto. A quel
punto a salire sul palco sono i carabinieri, che iniziano a sparare grappoli di
lacrimogeni sul pubblico. Panico e fuggi-fuggi generale
Chi sono i provocatori? «Il
Messaggero» di oggi parla di neofascisti riconosciuti. Il «Tempo» li indica
come «sedicenti di sinistra». Lo stesso giornale osserva, poi, che l'opera
della polizia e dei carabinieri è censurabile e discutibile: sparare
lacrimogeni dall'alto contro una platea di seimila-settemila persone accalcate
in basso ha provocato panico e scene di terrore. I danni al Palasport superano
i cento milioni. (La Stampa, 17/2/1975)
Se a Roma lo slogan è prendiamoci
la musica, a Milano il gruppo situazionista (o “spontaneista”, sempre secondo
le definizioni della Stampa) che è uscito da pochi mesi dalla rivista Re Nudo, accusata
di moderatismo e di essersi venduta agli interessi dei discografici, se la
ride:
Quelli che scavalcano i
cancelli e "sfondano" non capiscono che non hanno conquistato nulla:
la musica proposta è una mistificazione, è falsamente progressista, serve a non
far pensare e a far guadagnare le case discografiche. (…) La verità è che
diciamo no alla musica e basta» (…)
« Se qui a Milano e a Roma non
si faranno più concerti — dicono a " Re Nudo " — li faremo noi,
alternativi e autogestiti». Ma con quale capacità rispetto alle organizzazioni
collaudate e favorite dalle case discografiche? Ci hanno provato più volte ma
hanno dovuto battere la strada del concerto politico. Radicali e
extraparlamentari hanno riscoperto la formula collaudata dal Pci per i «
festival dell'Unità ». Ma a queste riunioni i cantanti affermati non vanno. (La
Stampa, 21/2/1975)