martedì, dicembre 27, 2005

la foto dell'anno

Il Tempo di Carpi, 28 luglio 2005, prima pagina:


Avere il tempo di scrivere un'intera stagione di Dawson's Creek su questi qui:

sabato, dicembre 17, 2005

Tifando contro George

Ci sono notizie che vanno sempre in prima pagina e nei titoli di apertura dei tg perchè interessano tutti, il prezzo della benzina ad esempio. Altre invece che fregano niente o quasi alle maggioranze ma possono colpire molto alcune nicchie di pubblico.
Per quelli della mia nicchia, gli ex-15enni-che-spedivano-letterine-a-re-ministri-e-generali per conto di Amnesty International, ad esempio, la notizia della bocciatura del rinnovo del Patriot Act è di quelle capaci di renderti un po' più lieve la giornata che stai vivendo.
Certo, a patto di non entrare troppo nel particolare. Di non indagare troppo sulle ragioni. Come sempre.

giovedì, dicembre 15, 2005

Quelli che la privacy

Non faccio più quell’altro lavoro. Adesso frequento centrali termiche. Qualche tempo fa ero in quella di un asilo
_“Prendo una foto dell’impianto”
_“Mah, non so se può. Bisogna chiedere alla direttrice. Sa, per la privacy …”
_“Non per volerla lisciare sa, ma lei è troppo avanti. Almeno un paio di generazioni. Per la privacy delle caldaie ci vogliono”

Mi fanno morire quelli della privacy
Ma perché un concetto così rispettabile si è tradotto nella legge più citata a sproposito della storia della repubblica ? Quella che nessuno conosce ma tutti sono pronti a ricordare agli altri.
Perchè è riuscita ad eccitare così morbosamente il torbido leguleio che alberga in ognuno di noi?
Riflettiamoci.

mercoledì, dicembre 14, 2005

Induttivi vs. Deduttivi

Fateci caso. Il dibattito sulla Val di Susa si svolge su due livelli completamente diversi: gli uni argomentano il no entrando nel dettaglio, gli altri difendono il sì a partire dai massimi sistemi. Ma la vera cosa divertente è che sono proprio i pre-galileiani a ritenersi più avanti.

lunedì, dicembre 12, 2005

Tifando George

Se dovessi dire come mi immaginavo la contestazione alla guerra in Iraq, ecco io me l’immaginavo come una Val di Susa di dimensioni continentali. Come una Venaus dall’Atlantico agli Urali. Qualcosa che avrebbe travolto e reso materialmente impossibile a qualsiasi governante, di qua e di là dall’oceano, proseguire per quella strada.
Andò invece molto diversamente. E l’Europa che non voleva la guerra si dimostrò impotente alla prova dei fatti.
Ecco perché oggi non capisco tutto questo entusiasmo per il presunto declino di Bush. Quando invece per riportare la partita in parità servirebbe semmai il terzo mandato.

La ragione per cui mi pubblico da solo

è che nessuno mi paga, naturalmente.
Poi c'è un'altra ragione, un po' più nobile, e cioè: si fa prima. Se mi viene in mente una cosa la scrivo, la pubblico subito e stop. Quando mi rendo conto che è una cazzata è già troppo tardi. Meglio così.

Detto questo, informo che è uscito il nuovo Sacripante, con la mia lettera (l'ultima). Scritta un mese fa, adesso non ho neanche il coraggio di rileggerla.

giovedì, dicembre 01, 2005

"Una specie di gusto inerte dell'insulto, del linciaggio".

Se il caso Sofri ci ha insegnato qualcosa, è quanto sia inutile scriverne su un blog.
Anche su libri e quotidiani, se è per questo. Non è servito l’appello di intellettuali e artisti, non è servita una raccolta di firme, né un digiuno. Tutto questo è stato fatto, e Sofri è rimasto dentro. Otto anni – che sono tanti, se vi prendete solo un attimo per rifletterci.
Non solo tutta questa attenzione non ha aiutato un uomo a uscire di galera: ma c’è da riflettere se non sia stata dannosa; se non abbia semplicemente eccitato l’animo capriccioso dei suoi odierni carcerieri. Dovevamo dimenticarcene, di Sofri: e lui a quest’ora sarebbe libero. Forse. Di certo, oggi non è più libero di ieri grazie a noi.

Se il caso Sofri ci ha insegnato qualche altra cosa, è quanto sia pericoloso scrivere. Su un blog. O su una rivistina, come si faceva una volta. E forse è questo che rende i blog così sensibili al caso Sofri: perché in qualche modo gli parla di loro.
Fateci caso: tutto iniziò con un flame innescato da giovani articolisti di belle speranze, che se la prendevano con un commissario di Polizia. Toni accesi, accuse pesanti, ma d’altronde si sa, la gioventù. A quel tempo non c’erano i blog per rovesciarci le opinioni ancora giovani e calde: ma c’era Lotta Continua e lo dirigeva Adriano Sofri. Oggi farebbe la blogstar (i sintomi ci sono: grafomania, opinionismo selvaggio…)

Di quei vecchi post articoli, scritti e lasciati scrivere, il vecchio Sofri si è vergognato pubblicamente più volte – e ancora a qualcuno non basta. E dire che è solo carta (e non è la carta a uccidere gli uomini). Una sottile fibra di cellulosa che in pochi anni ingiallisce e si consuma – per dire, io quei famosi articoli di Lotta Continua non li ho mai letti. Eppure, per quanto sottili, quei fogli di carta hanno segnato almeno una vita.

Capita a tutti di pentirsi di qualche scritto giovanile – ma un tempo almeno la carta ingialliva. Oggi no. Oggi c’è la cache di Google, e se serve anche l’Internet Archive. Gli archeologi del domani sapranno distinguere un’annata dall’altra in base allo stile del template. Ma non c’è rischio che un post sbiadisca o scompaia. Rimane tutto, ragazzi. Ogni singola stronzata che scrivete. Per favore. Pensateci.
Prima di infamare una persona che non conoscete – così come Sofri al suo tempo non conosceva di persona il commissario Calabresi. Prima di giocare a fare i giudici, prima di sputare sentenze. D’accordo, siete giovani, forse vi sembra un gioco. Non è un gioco. La scrittura è un affare serio. Non vi aiuta, non vi salva, non cambia il mondo, ma in compenso vi può rovinare; può farvi vergognare per una vita intera di una scemenza scritta o lasciata scrivere con leggerezza a vent’anni. Se il caso Sofri ha qualcosa da insegnarvi, è appunto questo.
E voi non state imparando, sciocchi.

Nel corso di questa campagna, questa posizione diventò una posizione abitudinaria, compiaciuta. Una specie di gusto inerte, diciamo, dell’insulto, del linciaggio, della minaccia, si è impadronito di noi e non solo di noi. (Adriano Sofri, dal libro L’eskimo in redazione di Michele Brambilla, Bompiani, 1993)