mercoledì, settembre 28, 2005

pure cazzate?

Il dibattito Evangelisti / Dai Pra' sullo Sbrego di Moresco ormai è una cosa enorme, posso rimandarvi a Blogdiscount per un riassunto (ma poi Evangelisti ha ri-replicato, e anche Mozzi ha detto cose sinceramente interessanti tirando in ballo Serra e Pascoli, e a questo punto, capite…). Io vorrei concentrarmi solo su un microtesto. E cioè. A un certo punto, Evangelisti, per meglio spiegarsi, usa l'espressione "pure cazzate".

Seguono ulteriori insulti contro Moresco (“E’ inutile sfoderare gli anni del monolocale come garanzia di autenticità. Lo scrittore Moresco non è un extracomunitario arabo, non è un sudamericano accoltellato”). Pure cazzate.

Di seguito analizzerò l'espressione dal punto di vista del contenuto (1) e del significante (2).

1. Perché cazzate? Silvia Dai Pra' ha centrato un punto: a Moresco piace pasolineggiare. Non è una cazzata. Ed è, certo pasolinismo, un atteggiamento molto ambiguo. Ti piace mischiarti coi derelitti di borgata, ok, ma perché? Ti senti uguale a loro? Ma non lo sei, dai, si vede benissimo che non lo sei. Non sei un Rimbaud che lascia la letteratura per il commercio d'armi: sei e resti uno scrittore, che ha difficoltà a parlar d'affari coi colleghi (e chi non ne ha), e ti trovi meglio tra gente che non ti capisce. Proprio perché non ti capisce. Dalla recensione di Dai Pra':

Una birra in mano, si va a sedere sui gradini del Duomo, tra gli arabi, i sudamericani, i barboni, guarda scoppiare delle risse, vede un accoltellamento, un ragazzo sudamericano ammazzato. “Io mi trovo bene seduto per terra, là in mezzo. Non mi sento diverso. Mi sento più diverso quando mi capita di stare in mezzo alle persone che circolano attorno ai libri”. Siamo al fulcro del problema: Moresco si sente diverso dai letterati, che non stima, si sente diverso dalla piccola-borghesia omologata, ma si sente uguale a chi, realisticamente, è diverso da lui.

Non so i barboni, ma credo che molti arabi e sudamericani compagni di bevute di Moresco aspirerebbero (se potessero) in realtà a quella piccola borghesia omologata che lo scrittore rifugge. E qui è il grande equivoco del pasolinismo deteriore: vedere natura dove c'è cultura, scambiare per un eden selvaggio Piazza del Duomo. Col risultato perverso che mentre accoltellano un ragazzo sudamericano, lui "si trova bene". Ora non vorrei dire che Pasolini c'è morto, di questa contraddizione. Non volevo dirlo ma l'ho detto. Va bene. Ma come fa Evangelisti a dire che è una cazzata? È un problema serio. Odi i tuoi simili, apprezzi i diversi solo finché restano diversi e s'accoltellano tra loro. È il prezzo da pagare per scrivere buona letteratura? Io penso di no, parliamone.

2. Ma dovremmo stare anche attenti a come ne parliamo. "Pure cazzate". Se Evangelisti lo scrivesse in un libro suo, non ci troverei nulla di strano. Ma scriverlo in una replica a una recensione. Su una rivista telematica. Perché? Per fare la voce grossa? Per dare più pepe al dibattito? Ma non è vero: le parolacce non sono crudeli. Sono solo parolacce, come i Bang e gli Szock nei fumetti; non fanno male, non disturbano nemmeno. Son ben altri i modi di praticare la crudeltà in un testo scritto, e la Dai Pra' ne sa qualcosa: la sua recensione è di una crudeltà impeccabile.
Ora io mi chiedo: da quand'è che abbiamo lasciato passare certe espressioni fumettistiche nel dibattito letterario? Da quand'è che gli scrittori si sentono liberi di replicare ai critici a furia di "cazzate", che manco Vasco Rossi, ormai? Non lo so. Ho come il sospetto che c'entrino i Wu Ming, ma non adesso; magari ai tempi (non rimpianti) delle tute bianche; un certo tipo di stile barricadero che in fondo a me piaceva. Certe espressioni che leggevo dappertutto, del tipo: "le chiacchiere stanno a zero". Che come enunciato di principio è lodevole, ma… su un forum letterario? Le chiacchiere stanno a zero? Come andare in un bar e sentirsi dire: "i caffè e le briosce stanno a zero", bene, e allora ciao.

2bis. Infine, l'espressione "pure cazzate" tradisce un problema fondamentale della cultura italiana, addirittura. Che non è capace di parlare dei suoi problemi (dei problemi di Piazza del Duomo, del fatto che c'è gente che spaccia e si accoltella) perché le manca la lingua. Secondo voi Moresco come dialoga coi suoi compagni derelitti: in arabo, in spagnolo? Magari manco comunica, gli basta respirare in compagnia. A Evangelisti, invece, capita di scrivere un'espressione così: "pure cazzate". Che è un goffo tentativo della lingua italiana di scendere in piazza del Duomo: dove però nessuno, ci potrei giurare, userebbe un'espressione del genere.
E guardate che non è colpa di Evangelisti, che senz'altro è un ottimo scrittore: è colpa della lingua di Manzoni, che non riuscirebbe a farsi slang nemmeno dopo un mese ammollo nel Naviglio. E così ci troviamo con scrittori che rifuggono la piccola borghesia (ci mancherebbe altro), che frequentano le bettole e i malfattori, e il massimo che riescono a darci sono espressioni così: "pure cazzate". Che sa di libresco, mi spiace, di ginnasiale perfino, ma ripeto, non è colpa di nessuno. Forse andrebbe abolita semplicemente, la lingua italiana. E non parlarne più.

sabato, settembre 17, 2005

primo giorno di scuola (media)

ore 8, classe III Q

IL PRESIDE:
Questi è dunque il vostro nuovo prof, rispettatelo e adoratelo.

IO:
Amen. Tirate fuori l'antologia, alla svelta.

***

ore 10.30, classe III Q

L'ALUNNO:
e la tequila, prof? Quanti gradi fa la tequila?


IO:
Senti, non ha nessuna importanza che io adesso mi ricordi la gradazione della tequila, perché c'è di peggio, lo sapete? Lo sapete qual è la vera essenza demoniaca? Il Bacardi Breeze! Quattro gradi! è quanto basta.

L'ALUNNA:
Ma una non fa niente, prof.

IO:
Ecco, sentite? E' il demonio che parla per mezzo di lei! E' proprio perché una non fa niente, che presto passi a due. Il demonio, vi dico. Infatti, qual è il logo del Breeze?

GLI ALUNNI:
Il pipistrello, prof.

IO:
Ma per l'appunto.

Poi si è parlato del modo migliore di ammazzare i condannati a morte, forca vs ghigliottina. Sarà un altro grande anno.

lunedì, settembre 05, 2005

il Kyoto fisso

chiedo scusa per il gioco di parola, sto cercando di smettere.

Io non so se qualcuno, sulla stampa o in Rete, stia veramente compitando il sillogismo: "Katrina è colpa di Bush perché non ha ratificato Kyoto". Che è veramente una boiata, mi rendo conto: esattamente quel che serve al Christianrocca o all'Enzoreale di turno per i loro pastoni anti-anti-americani. Noto che in generale sono più veloci loro degli anti-americani, per cui molto spesso sono portati a inventare o ingigantire posizioni anti-americane per il gusto per sfatarle. (Tam Usa quam Israele, del resto).
E allora.

E allora, certo, prima di lamentarsi perché gli Usa non ratificano Kyoto, sarebbe meglio almeno verificare se lo rispettiamo noi, che lo abbiamo già ratificato. E mi pare di no. Quindi non è il caso di fare la morale.
Secondariamente, bisogna tener conto che Kyoto, anche quando qualcuno lo rispetterà, resterà pur sempre un misero placebo: vedi il grafico qui. E questo si sa: con Kyoto si vorrebbe aver impostato soltanto un modus operandi; l'idea che le emissioni siano da ridurre, tenendo pur sempre in conto le esigenze dei paesi in via di sviluppo.

Dopodiché: si può dare la colpa al Governatore (ma la Louisiana si aspettava aiuti federali che non sono mai arrivati, a causa dell'Iraq, si o no?); si possono leggere le statistiche nel più partigiano dei modi, e concludere che gli uragani stanno diminuendo; si può eleggere il confusionario Michael Crichton a esperto climatologo; si può inveire contro qualcuno che si suppone stia gongolando (ma dove, ma quando?) si può fare questo ed altro. E si fa. Ma non si fa bella figura. Si nasconde semplicemente la testa sotto la sabbia. O sotto l'acqua, meglio.