lunedì, luglio 12, 2010

Coe contro la satira

Pertanto, quando scriviamo libri di satira, possiamo tentare di credere che facciamo qualcosa che sconvolgerà l’ordine prestabilito: possiamo tentare di credere che, quando la gente leggerà le nostre parole, i nostri nemici politici (e personali) tremeranno come delle foglie, ripiegheranno in un angolo a riesaminare il loro sistema di valori e riemergeranno come persone migliori; ma, in realtà, questo non succederà mai. La satira non funziona così.

Al contrario, fa scaturire proprio l’opposto di ciò che l’autore si era prefisso. Crea uno spazio - uno spazio ospitale, sicuro e accogliente - in cui i lettori che la pensano allo stesso modo possono riunirsi e condividere una confortevole risata. La collera, il senso di ingiustizia che possono aver provato prima, vengono raccolti, compressi e trasformati in scoppi di risa squisite ed esilaranti, e dopo aver dato sfogo a essi si sentono sollevati, paghi e soddisfatti. Un impulso che poteva tradursi in azione diventa neutrale e innocuo. Non c’è da stupirsi che i ricchi e i potenti non abbiano nulla in contrario a venire canzonati. Perlomeno, loro capiscono il paradosso della satira. Scriviamo nella speranza di cambiare il mondo. Ma in realtà, è una delle armi in nostro possesso più potenti per preservare lo status quo.


Curioso (ma in fondo appropriato) che un intervento del genere compaia sull'Unità, un quotidiano che più di altri sembra voler costruire questo spazio ospitale, sicuro e accogliente.

2 commenti:

  1. Ma guarda che non fa una piega: è esattamente lo stato degli studi sull'umorismo..

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  2. è vero, la satira ormai cambia poco ma, di certo, non è dannosa: lo status quo si conserva comunque.
    ci si fa solo qualche risata, ecco.

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