giovedì, luglio 10, 2008

La funzione delle lame rotanti nell'algebrizzazione del postmoderno

Tutti i miei dubbi segreti sulla New Italian Epic affiorano alla superficie mentre leggo un lungo pezzo di Giuseppe Genna in cui si dovrebbe dimostrare la superiorità narrativa di Ken il Guerriero su Goldrake (via Akille)- e se vi chiedete che fine han fatto Gundam e Daitarn 3, basta aspettare i commenti:
@ salvatore: l'evento simbolico di quanto dici è nella sigla di Jeeg: il ragazzo si rannicchia in posizione fetale (regredisce), di colpo si trasforma e deforma in una roba di acciaio che è la testa, la testa vola ed è indipendente, tutti gli arti vengono calamitati e compongono un corpo che A PRIORI è dissociato. La disforia come metodo di educazione, appunto... Peraltro, questa metafora vale quale immagine complessiva dell'algebrizzazione del postmoderno, inteso esattamente nel senso in cui ne scrive Wu Ming 1 nel saggio sul NIE. Contaminazione che darà luogo a ironia di difesa e a nostalgia di secondo grado, mentre i livelli sono calcolabili. L'allegoria come metafora continuata - ciò che precisamente denuncia WM1.
E insomma in questi giorni mi chiedevo spesso: siamo sicuri che per evadere dal postmoderno basta togliergli l'ironia? E poi: sei sicuro di essere abbastanza grande, abbastanza forte, da mettere al bando l'Ironia? Guarda che l'Ironia è una forza primordiale, ben più grande di te e delle storie che maneggi, e si vendica, si vendica barbaramente, seppellendoti a risate.

8 commenti:

  1. Non seguirò quel link, non conosco Genna e non lo giudico, ma già leggere queste poche righe che citi mi trasforma all'istante in Vito di Ecce Bombo e comincio a spaccare la sedia.

    RispondiElimina
  2. Credo che sia quello a cui si riferisce quando parla di livelli di ironia di difesa calcolabili.

    RispondiElimina
  3. L'ironia "invecchia" ancora più del comico, e soprattutto in modo molto più strano (a volte, dice, è il tempo a vendicarsene scambiandola per serietà). Ma a prescindere, ti interessasse cosa vuole i(/una piccola parte de)l tuo pubblico, c'è chi sbava per un bel pezzo leonardesco che articoli i tuoi dubbi segreti su 'sta NIE (sì, vabbè, io). Saluti

    RispondiElimina
  4. Sono dubbi molto superficiali, che derivano soprattutto dal fatto che nel testo della conferenza si rivendica una "serietà" della New Italian Epic rispetto a quello che c'era prima (il postmoderno "ironico").

    Siccome basta grattare un po' sotto il NIE per trovarci il postmoderno, mi pare che l'unica novità consapevole rischi di essere appunto questa mancanza di ironia. Che molto spesso ricompare alla finestra come ironia involontaria.


    Cioè: un conto è essere scrittori seri, un conto è chiedere ai propri di lettori di restare seri mentre leggono certe cose (come questa, ad esempio).

    RispondiElimina
  5. Lasciando perdere il pezzo sugli "anime", che serviva per altro scopo, cioè per osservare a distanza gli oggetti dell'immaginario inculcati in una generazione, la domanda che vorrei fare, e sono serio e davvero interessato, è, Leonardo: in che senso, grattando sotto il NIE, trovi il postmoderno? Come può una fenomenologia di testi condotta con categorie benjaminiane avere sotto il postmoderno?
    Quanto all'ironia, si tratta di una forza di secondo grado e di una distanza psichica (la nozione fu elaborata magistralmente da Contini); il comico è la forza primaria, non distanzia ma immerge. Sarebbe davvero bello disporre della parte mancante dell "Poetica" di Aristotele, quella sul comico (prima che sulla commedia), la quale non a caso è il perno del capolavoro postmoderno italiano, quel libro là di Umberto Eco...
    gius genna :)

    RispondiElimina
  6. In realtà è una vera fortuna che si sia perso, quel libro, se si pensa al peso che ha avuto la sua interpretazione piuttosto libera della tragedia greca per un migliaio e più di anni. E' grazie all'anonimo Jorge che si è mangiato il libro se gli autori comici non hanno dovuto confrontarsi per secoli con dei rompipalle che obiettavano "Ehi, devi rispettare le unità di tempo, luogo e azione, ipse dixit". (Non che c'entri nulla con il NIE).

    Il NIE lo trovo postmoderno, senza offesa, soprattutto per l'operazione di smontaggio e rimontaggio dei fatti storici in funzione di una rilettura del presente: esattamente quello che faceva Eco nel Nome della Rosa, che oltre a essere un libro ironico era anche una riflessione seria sulla contestazione e sugli anni di piombo.

    Il fatto di preferire Ken a Goldrake in virtù, se ho capito
    bene, delle qualità narrative, sarà anche un dettaglio, ma lo trovo indicativo: la narratività viene assunta come valore in sé. E' una scelta legittima, ma ancora abbastanza postmoderna. Però per spiegarmi meglio dovrei lavorarci sopra dei mesi.

    RispondiElimina
  7. "Il NIE lo trovo postmoderno, senza offesa, soprattutto per l'operazione di smontaggio e rimontaggio dei fatti storici in funzione di una rilettura del presente"

    Quindi era postmoderno pure Manzoni. Andiamo bene, andiamo...

    Manly

    RispondiElimina
  8. Nelle Postille al nome della rosa si parla parecchio di Manzoni, senz'altro una linea c'è.

    RispondiElimina