martedì, gennaio 03, 2006

il lapsus del mese

"E allora, siamo padroni di una banca?"
"È chiusa, sì, è fatta".
[esitazione] "Siete voi i padroni della banca, io non c’entro niente".

2 commenti:

  1. dai, ma quant'è tenero quell'uomo?

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  2. Mi trovo costretto a citare Malvino:

    Mettiamo che io faccia una telefonata a una mia amica che s’è da poco rifatta le tette, così, per chiedere com’è andato l’intervento. Potrà scapparmi detto – sì, è possibile – “allora, Deborah, abbiamo finalmente ‘sto decolté da sublime puttanone?”; con ciò, è possibile che Deborah dall’altro capo del telefono risponda “tutto ok, perfetto, non so dirti se più sublime o più puttanone, grazie”. Ora, il problema è: io ci ho le tette? La mia frase non vuol dire proprio niente, se non che Deborah è una cara amica, peraltro sono medico. Valga per me e per Deborah, per Consorte e Fassino: mestiere si mischia ad affetto, come soldi e politica. Ma che le tette siano mie, e la banca sia di Fassino – ce ne corre.

    Lo dimostra l’imbarazzo tra il primo e il secondo scambio di battute che riportavo sopra. Al punto in cui avevo lasciato Deborah, può darsi mi colga un dubbio: sarò mica sotto intercettazione? Metto subito le mani avanti, d’istinto, “sia chiaro, parlo delle tue tette, io non ho tette”. Se davvero sono sotto intercettazione, non ci faccio la figura del cretino? Perché, dalla De Filippi, a parlar di patatine fritte, fa di molto più intelligente?

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