mercoledì, ottobre 19, 2005

Società Civile, Società dei dilettanti?

Le Primarie si possono prendere in tanti modi. Io preferirei celebrarle come la ratifica di un trattato di pace tra Società e Apparato. E ora mi spiego.

Per Società, io intendo quel gruppo più o meno esteso di individui che abitualmente non praticano la politica, ma ogni tanto si attivano: e organizzano campagne referendarie, manifestazioni, girotondi, ecc. Durante questi periodi, la Società si auto-attribuisce un aggettivo molto pesante: "Civile". Come se un esercizio saltuario della politica fosse il tratto discriminante tra civiltà e barbarie. Mentre evidentemente non lo è – ma non lo dico per polemizzare. Ammiro molto i membri della società civile. Mi è capitato, a volte, di farne parte. Ultimamente ho disapprovato certe civilissime scelte da kamikaze, come puntare tutto sul quorum di un referendum contro la Santa Chiesa Cattolica Apostolica Romana: ma in generale credo che la Società abbia un ruolo molto importante.

Ha però anche un grave limite: la Società è una dilettante, per definizione. Ogni tanto si organizza e ogni tanto no. Alterna periodi di indignazione e periodi di rassegnazione, come succede a tutti noi (la Società è tutti noi).
Per questo l'appellativo "Civile" lo trovo molto ambiguo. La Società Civile è quella che un bel giorno scende in piazza: ma il giorno prima non c'era: ergo, la Società è sempre Civile da poche ore. Ecco forse perché è così generosa. E ingenua: è nata ieri, anzi, stamattina.

Non solo, ma in Italia la Società Civile ha una tempistica stranissima. Uno si aspetterebbe, nell'anno delle elezioni, una lenta escalation verso la Civiltà: i cittadini, dapprima tiepidi, poi sempre più infervorati, fino al giorno del voto, finalmente! Poi la gioia (o la delusione), gli sfottò, e una rapida sonnolenza post-coitale. In altri Paesi (i Paesi cosiddetti normali), succede appunto questo.

Da noi – fateci caso – è il contrario. Nel 2001 la Società Civile si è svegliata percossa, attonita, a urne chiuse, il 13 maggio sera, con Berlusconi già a ripassare il giuramento. Parecchi di quei civili, il giorno prima, non si erano nemmeno presi la briga di andare a votare – storia vecchia, non sto a recriminare.
Tre mesi dopo, a Genova, la Società Civile si prese orgogliose mazzate per stabilire un punto d'onore. E poi ci fu il Palavobis. E i Girotondi. Un trionfo di Civiltà – a quattro anni dal prossimo voto legislativo.
Le BR ammazzarono Biagi, il governo suggerì che era colpa di Cofferati – la Società Civile portò due milioni di persone in piazza, il 23 marzo 2002. E poi ci fu il Forum Sociale di Firenze, le marce contro la guerra in Iraq. E poi? E poi, pian piano, la Società ha iniziato a de-civilizzarsi. È stato un processo graduale, e molto deprimente. Del resto, cosa vuoi pretendere da dei dilettanti? Certo, lo so, in giro c'è fior di dilettanti che dà i punti ai professionisti. Ma hanno un lavoro, una famiglia, non possono stare per cinque anni in piazza. La Società ha i suoi ciclici Alti e Bassi. Questo lo capisco benissimo. Quel che non capisco è: perché ha sempre i Bassi proprio ogni cinque anni, e proprio alla vigilia delle legislative? Nel momento in cui invece dovrebbe essere più sveglia e grintosa? Che razza di ciclo è? Io capisco che cinque anni di Berlusconi possano essere deprimenti (e furono tristi, a modo loro, anche i 2+3 anni di Prodi-D'Alema-D'Alema-D'Alema): forse allora valeva la pena di risparmiarsi prima.

Alle Primarie del Centrosinistra, la Società Civile è giunta spompata, diciamolo. Basta vedere i candidati "alternativi ai partiti". Il Candidato Senza Volto era l'espressione di un sessantaquattresimo dell'ex Movimento dei Movimenti: per dare un'idea della sua popolarità, su Indymedia lo sputavano. (Poi magari è anche una bella persona, che ne so). E poi c'era Scalfarotto, che della Società Civile mi sembra l'epitome – per non dire proprio l'epitaffio.
Secondo la vulgata più corrente, Scalfarotto è un manager-risorse-umane che lavora a Londra; un giorno si sveglia e si rende conto che la classe dirigente italiana fa schifo. (E questo fa molto Società Civile: abbiamo sopportato quattro anni e sei mesi, adesso basta!)

Le cose, in realtà, sono ben più complicate di così. Date un occhiata al suo curriculum: fa politica da una vita, il ragazzo:
Poco prima di laurearmi sono stato eletto consigliere di circoscrizione a Foggia, con i verdi del Sole che ride. Ho lasciato la politica in Puglia per un lavoro al nord (come capita a tanti!)
[…]
La passione politica non mi ha mai abbandonato. Nel 1996 scrivo una lettera a Repubblica per dire che il governo dell’Ulivo non fa sognare come tutti ci aspettavamo. Nascono “I delusi dell’Ulivo” e mi ritrovo d’improvviso a Palazzo Chigi con Prodi e Veltroni che vogliono saperne di più. Ma finisce lì.
Nel 2001 fondo con alcuni amici "Adottiamo la Costituzione", un movimento per la difesa della nostra Carta fondamentale [...] Dal 2002 vivo a Londra, faccio il capo delle risorse umane della divisione "Capital Markets" di Citigroup. Per lavoro gestisco 2200 persone in 54 paesi di Europa, Medio Oriente e Africa. Assieme ad un gruppo di italiani stupefatti dalle non lodevoli imprese del nostro governo di centrodestra (ma certamente non disposti ad arrendersi), fondo il primo circolo all’estero di Libertà e Giustizia attorno al quale gravitano in breve tempo centinaia di persone. Due settimane fa, entrando a una riunione, tutti i presenti mi chiedono di candidarmi alle primarie.
E io accetto.

Verdi Arcobaleno, Delusi dall'Ulivo, Adottiamo la Costituzione, e la prima sezione londinese di Libertà e Giustizia. Scalfarotto non s'intende di politica? Scalfarotto ha senz'altro alle spalle più esperienze di attivismo di Romano Prodi. Ha vissuto con partecipazione almeno tre cicli di Società Civile: l'ondata dei Verdi negli anni Ottanta, il 1996 e il 2001. E poi? E poi i cicli "finivano lì", e lui tornava al lavoro. Come biasimarlo? Uno deve pur mangiare. Ma viene da chiedersi: perché uno come Scalfarotto, che evidentemente la politica ce l'ha nel sangue, non ha mai pensato di passare al professionismo? Perché ha voluto restare uno splendido dilettante? È del tutto colpa sua?

Rispondo domani o posd, scusate, sono un dilettante dell'opinionismo e domani ci ho la sveglia.
(Comunque no, la colpa è dell'apparato).

giovedì, ottobre 13, 2005

il nome di questo blog è: piste

E piste siano.

Perché io mi chiedo: a cosa serve saper girare tra 60-70 blog, in questi casi? A leggersi 60-70 predicozzi su quanto male fa la coca? Evidentemente, no.
Evidentemente io (ma credo tutti) cerchiamo almeno 1-2 blog che raccontino cos'è la coca, Cristosanto. Che di maestrini in giro ce n'è già tanti, o no?
La letteratura del tardonovecento è eminentemente turistica: uno non ha il tempo né il fisico di perdersi in tutti i vizi, ma vuole almeno farsi un giro. Tenersi informato.

- Sul marketing da cocaina (Asphalto - occhio che tra un po' scompare).
- Cocaina, il bugiardino (Mardin)
- Riuscire a fregare Dio, I e II (raccontino molto sincero su un turista sessuale-quasi-suo-malgrado in Tailandia che si fa di chetamina direttamente dalla busta, non provateci a casa. Il tipo non scrive più dal 2001: ho come un brutto presentimento).

- Update: Dalle colonne del Giornale, G. B. Guerri ricorda i bei tempi in cui Lapo Elkann gli pisciava addosso (letteralmente), e informa gli sprovveduti: «Antistoria degli Italiani. Da Romolo a Giovanni Paolo II» (1997) fu studiato e scritto e levigato e reso così eccezionalmente bello e intelligente, proprio nel mio periodo di massimo uso di cocaina. Quasi quasi lo compro. Ma quasi. Se non è già esautito, eh.

mercoledì, ottobre 12, 2005

logo o non logo

Io Lapo Elkann, forse non è il momento giusto per dirlo, ma non l'ho mai capito veramente.

Io che forse mi sbaglio (anzi senz'altro), ma avevo sempre pensato di vivere in un mondo post-logo. Riassunto delle ultime puntate: nei globalizzati anni '80 riuscire a fornire prodotti qualitativamente più elevati alla concorrenza è sempre più difficile. I pubblicitari non hanno più le famose "reason why" su cui imbastire i loro slogan, e devono lavorare d'immaginazione. Il cliente non deve più 'preferire' un brand sulla base di valutazioni oggettive: deve amarlo. Deve riconoscere il logo e portarlo con orgoglio su di sé. Il logo diventa stile di vita, sistema di riconoscimento, religione. Con risultati spettacolari e cascami surreali: i ragazzini che staccano i "mirini" delle Mercedes e li appendono allo zainetto.

La cosa funziona per… una decina d'anni, diciamo, a cavallo del 1990, e poi le cose cambiano. Cambiano perché devono cambiare: la moda ha i suoi ritmi irrazionali, ma regolari. Cambiano perché nella libera società dei consumi tutto tende alla saturazione, per cui se nel 1985 gli scaffali erano ormai pieni di tanti prodotti tutti uguali, nel 1995 le vetrine sono piene di tanti loghi tutti fighi, e siamo al punto di partenza. Peraltro, insistere nel branding in un Occidente dove la forbice sociale torna ad allargarsi rischia di essere un boomerang: perché nessuno vuole essere "figo" più di un poveretto: e quando tutti i poveretti indossano un logo figo… quel logo non è più figo, è da poveretti. (Se girate per Parigi con una Lacoste, vi prendono per un magrebino. Se girate con una felpa fiat... non lo so, provateci).

A quel punto i loghi iniziano a rimpicciolirsi – la Nike si riduce a uno sbaffo minimo – quando esce "No Logo", non è che tutti si precipitino a comprarlo, ma alla fine è come se l'avessero letto tutti. Anche chi non si mette a spaccare le vetrine in centro, cerca comunque loghi meno sfacciati. È un'inversione di tendenza che abbiamo sentito tutti – a parte forse i fanatici della Apple; ma quella è la nicchia che conferma il mainstream.
Finché un bel giorno non arriva Lapo Elkann e ti piazza un logo grosso tutta la felpa, e a questo punto le opzioni sono due: o è un genio, avanti di 10 anni su tutta la baracca, o è un ragazzino sballinato che non conosce i fondamentali del suo mestiere. Chi può dirlo?

In seguito alcune dichiarazioni hanno fatto penzolare la bilancia. "La Fiat deve tornare a essere una macchina figa": siamo nel revisionismo storico. La Fiat non è mai, mai stata figa, perlomeno dal dopoguerra in poi. Magari poteva essere (con qualche sforzo) simpatica. Proletaria. Di culto. Trash, quel che vi pare; ma nessuno si è mai sentito figo a bordo di una Tipo o di una Croma – per non infierire su altri famigerati modelli di casa Lingotto. E gli amabili cinquantenni-e-qualcosa che continuano a menarsela con la loro prima pomiciata in Cinquecento (e votano leggi ambienticide in Parlamento), ebbene essi andrebbero semplicemente rinchiusi di nuovo in quella scatoletta e forzati a ripetere quei loro coiti maldestri fino a esaurimento della nostalgia. Va da sé che Lapo Elkann non ne ha nessuna colpa, ma le cose stanno semplicemente così: la Fiat non è figa. Ammetterlo sarebbe un buon punto di partenza.

"I giovani devono essere gasati a guidare Fiat": ma perché, poi. Sul serio: perché puntare sui giovani, che (1) in Italia sono statisticamente pochi,e (2) di quei pochi, molti la macchina non se la possono permettere, o perlomeno (3) non si possono permettere di sceglierla, e in ogni caso (4) il mercato dei giovinastri danarosi è già un aspro campo di battaglia tra contendenti, loro sì, veramente fighi (Mini, Smart…)? Da capo: o Lapo è un genio, e ha intravisto cose che io mortale non posso immaginare; o è uno sciocchino che vede intorno a sé solo ragazzini 'gasati' e 'fighi', e confonde il target di riferimento del brand Fiat col target di persone che vorrebbe vedersi intorno alle feste. Ma stiamo parlando davvero della persona che ha in mano l'immagine della Fiat? In questo caso, la cocaina sarebbe davvero l'ultimo dei nostri problemi. Poi, per carità, mi sembra giusto preoccuparsi per un giovane che ha pippato troppo e male. Ma anche per i dipendenti (indotto incluso) che nei prossimi mesi si pipperanno l'eventuale flop della Grande Punto.

La Grande Punto, col suo slogan ineffabile ("È arrivata, Punto": tot. 0 reasons why) è in sostanza una Punto più grande di quella che avevamo già (senza sentirci fighi). Proprio così: hanno preso un modello mediocre e l'hanno rifatto più grande. Che idea, eh? la prossima, magari la faranno più lenta, o più rumorosa, ci sono ancora tanti margini di miglioramento. È colpa di Lapo? Non credo. Credo che Lapo si trovi in un posto dove io mai vorrei trovarmi: a vender fumo, con la sua faccia, nella via dei rosticcieri. È l'altro lato di essere figli (o nipoti) di papà: quando tutto va male non puoi neanche licenziarti. E le figure di merda sono tutte tue.

Poi magari io non capisco niente, e lui è un genio. Lo spero tanto. Gli auguro di guarire e trovare il posto che fa per lui.

lunedì, ottobre 10, 2005

Non ci sono più mezze stagioni

Tra un terremoto e un'inondazione, non vorrei mai vi perdeste il nuovo numero di Sacripante e il mio pezzo, con cose rubacchiate dal blog di Giacomo Leopardi.
Caro Leonardo,
hai notato che le mezze stagioni non sono più quelle di una volta? Secondo te di chi è la colpa? Rispondi con franchezza...

martedì, ottobre 04, 2005

scarico tonnellate di merda tutti i giorni, cos'hai tu di davvero speciale?

Egr. Signori!

Poiché le accuse di Spaming sono sempre più numerosi, vorremmo precisare come segue:

Già nel mese di Maggio di quest’anno le è stata mandata un Mail nella quale abbiamo specificato, che i siti:

Comunicatore – Intertele – ufficioestero – Unionweb – Nozzeemusica – Studiometzger – Henrym – Auslandsbuero – Luchsaugen –

ed altri ns. Blogs e News Groups non operano più, e che gli indirizzo dei iscritti sono state passate alla “EUROSTUDIOS”.

Se questo Mail non l’avete ricevuta ci dispiace, se non l’avete letto, non è colpa ns. Comunque sia, non pratichiamo lo SPAM e vorremmo precisare come segue:

L’“EUROSTUDIOS” le ha scritto nel passato perché convinta che voi avesti letto questa comunicazione citato qui sopra e di conseguenza d’accordo di essere contattato anche dalla “EUROSTUDIOS”

L’ "EUROSTUDIOS" tratta i seguente temi: www.eurostudios.it

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Pubblicità europea con Video Streaming nelle pagine Internet per tutti.

Foto- Video e Musica per gli Sposi Italiani



Qualora lei foste convinto di non essersi mai iscritto presso uno dei ns. Blog’s o News o di non averci mai mandato un Mail, (anche questo, per legge, ci permette di risponderle ed archiviare il suo indirizzo) la invidiamo gentilmente di cancellarsi qui sotto.

Anche ai iscritti consapevoli della iscrizione, ma non più interessati ai temi che trattiamo, chiediamo la stessa cosa.

NON mandateci le solite diffide: “secondo Informativa ai sensi della legge 31/12/96 n. 675”. La risposta è questa Mail ed il resto lo troverete qui accanto.

Ringraziamo tutti che restano con noi e salutiamo cordialmente.

domenica, ottobre 02, 2005

mestieri che s'inventano

Un giorno, in un posto qualsiasi, ascolti un tipo di musica. Te la fanno ascoltare i tuoi amici più grandi, o la scopri da solo. All'inizio ti piace e basta, com'è giusto che sia. Col tempo scatta qualcosa: ti ci affezioni. Diventa parte della vita, parte della giornata da sottrarre ad altri impegni. Programmi i fine settimana per seguire i concerti, le vacanze per i festival. Cominci a spendere troppo, e poi all'improvviso succede qualcosa. I soldi iniziano a tornare indietro.
Non molti all'inizio: e poi, gradualmente, sempre di più. Cosa è successo? Sei diventato un punto di riferimento: sai distinguere il buono dal cattivo, sei sensibile a tante piccole, minuscole differenze. Ormai sei tu che fai sentire i dischi agli altri – e passi più tempo a farli ascoltare che ad ascoltarli tu stesso. Forse non balli più. Ma sei diventato un dj. Bel colpo.

Il divertimento diventa passione, la passione si riduce in mestiere: succede. Faccio un altro esempio: un giorno ti trovi in un locale. Ti ci hanno portato i tuoi amici più grandi, o ci sei arrivato da solo. All'inizio ti piace e basta, com'è giusto che sia. Ma col tempo scatta qualcosa. Ci vai tutte le settimane. Intrattieni relazioni col personale. Diventa parte della vita, parte della giornata da sottrarre ad altri impegni.
Finché ti rendi conto che ci sei dentro. Per i tuoi amici era solo un ritrovo, per te è diventato qualcosa di più. Adesso sei un punto di riferimento: sai distinguere una serata buona da una no (è una questione di tante piccole, minuscole differenze). Ormai sei tu che fai entrare gli altri – e passi più tempo fuori a chiamarli che dentro a divertirti. Perché magari non ti diverti neanche più. Ma sei diventato un PR. Complimenti.

A ciascuno, secondo la sua passione. Per dire, un giorno provi una cosa. Coi tuoi amici più grandi, o da solo. All'inizio ti piace e basta, com'è naturale che sia. Col tempo però scatta qualcosa: ti ci affezioni. La cerchi. Sviluppi il tuo giro di conoscenze. Diventa parte della vita, parte della giornata da sottrarre ad altri impegni.
A un certo punto, ti accorgi che ci sei dentro. Per i tuoi amici era solo uno svago, per te è diventato qualcosa di più. Hai speso un sacco di soldi, eppure da un po' di tempo stanno cominciando a tornarti indietro. Perché sei un punto di riferimento: sai distinguere la buona dalla cattiva, hai naso per tante piccole, minuscole differenze. Ormai sei tu che la procuri agli altri – ed è più quella che smerci che quella che ti resta. Alla fine magari non ti fai neanche più tanto. Ma sei diventato un pusher. Buona fortuna.